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L’Egitto e il Cristianesimo

Le stragi dei cristiani nella chiesa copta di Alessandria, accompagnate da analoghi sanguinosi episodi a Bagdad, nelle Filippine, nel Sudan, durante le festività natalizie, sono l’ultimo atto in ordine cronologico di un disegno di persecuzione contro i cristiani residenti in paesi a prevalente religione islamica. L’Egitto ha così rivelato all’opinione pubblica un volto pressoché inedito: da un lato esistono e resistono comunità cristiane insediatesi fin dai primi anni del cristianesimo, dall’altro emergono per i copti difficoltà a trovare uno spazio legittimo per praticare la loro fede in condizioni di sicurezza. Conosciamo dell’Egitto la sua storia millenaria, la sua civiltà tra le più antiche della terra, che ha consegnato all’ammirazione della posterità documenti scritti e monumenti pieni di fascino e di mistero, ma pochi – credo – sono consapevoli del contributo che l’Egitto ha dato alla cultura ebraico- cristiana. Qui nel corso del secondo secolo a.C. fu tradotta la Bibbia dall’ebraico al greco ad opera di 70 studiosi e perciò è detta “I Settanta”. Gli ebrei emigrati in Egitto e soprattutto ad Alessandria in seguito al fenomeno già in atto della diaspora avevano ormai assimilato il greco – lingua ufficiale dell’Egitto governato allora da re di stirpe greca – tanto da dimenticare la propria, per questo si rendeva necessaria una versione dei loro testi sacri per permetterne la lettura anche agli emigrati. È evidente però che grazie a questo sforzo la civiltà ebraica veniva ad essere conosciuta anche da popoli di stirpe diversa, favorendo l’incontro tra cultura giudaica e cultura greca e preparando gli strumenti linguistici ed espressivi per la successiva diffusione del cristianesimo. Qui ad Alessandria sorse la prima scuola catechetica che segnò l’avvio della ricerca teologica (II sec. d.C.). Personaggi come Clemente e Origene conferirono ad essa un grande prestigio. In opposizione al paganesimo, rivendicarono il diritto dei cristiani alla libertà di culto, ribattendo alle accuse mosse da intellettuali pagani e dalla classe dirigente romana; si occuparono in particolare dei testi sacri promuovendone l’esegesi ed elaborando le prime ipotesi ermeneutiche. Con Sant’Antonio (250-355) ebbe inizio il movimento dei Padri del deserto i quali, seguendo un’interpretazione radicale del Vangelo, organizzarono la loro vita o in forma individuale eremitica o in regime comunitario, avviando la prima esperienza di monachesimo. Degli eremiti e padri più importanti furono conservati detti e insegnamenti che, trasmessi oralmente, vennero poi selezionati e trascritti in greco per essere più tardi tradotti in copto, latino, siriaco, arabo. Attraverso la parola pronunciata dall’Abba (padre) si trasferisce nel discepolo una saggezza di fede che nasce da un’intensa applicazione spirituale, da un’ascesi (esercizio) fatta di preghiera, di silenzio, di meditazione all’interno dello spazio del deserto egiziano. I secoli quarto e quinto segnarono la massima espansione del movimento cenobitico, che poi, a causa delle incursioni di popoli barbari, finì per abbandonare la terra egiziana e trasferirsi in Palestina e in Asia Minore. L’Egitto, rimasto sotto l’impero romano d’oriente, nel 7° secolo fu conquistato dagli Arabi. La chiesa copta, cioè egiziana, sopravvisse all’invasione araba prima e turca poi e oggi conta oltre un milione di fedeli. Proprio perché comunità cristiana, appare del tutto legittima la preoccupazione espressa dal Papa per le violenze subite e altrettanto giustificato il suo incoraggiamento a perseverare nella fede e nella testimonianza del Vangelo.

© Gazzetta di Foligno – ATTILIO TURRIONI

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