Linus e l’amore per Foligno. Dalla Quintana al calcio, dal sisma alla passione per la musica e lo sport. “Sono migliorato da quando corro: ho imparato la disciplina della fatica”.
Nell’aprile dell’anno scorso ha festeggiato 40 anni di carriera radiofonica, quest’anno ha superato il traguardo dei 33 anni a Radio Deejay ed è pronto ad andare avanti con la compostezza, la chiarezza linguistica e la delicata ironia che lo contraddistinguono da sempre. Si chiama Pasquale Di Molfetta, ma noi tutti lo conosciamo come Linus e se il suo volto ci appare chiaro di fronte a noi non appena pronunciamo il suo nome, la sua voce ci risulta addirittura familiare e amica. Questo personaggio noto al grande pubblico ha iniziato la sua carriera radiofonica nel 1976 nell’hinterland milanese e, proprio a Milano “dove tutto è nato e ancora resta”, è cresciuto professionalmente fino ad entrare a far parte della squadra di Radio Deejay (nel 1984) per volontà di Claudio Cecchetto, a cui è succeduto nel 1995 in qualità di direttore artistico di Radio Deejay appunto. Un mestiere nato per caso: un indubbio talento innato, una passione per la musica ereditata dalla famiglia e una città che è sempre stata ed è ancora la capitale delle Radio italiane, hanno creato le condizioni per la nascita di Linus, un professionista del mondo radiofonico, un autentico comunicatore che ha esordito come disc jockey per poi approdare alla conduzione radiofonica e televisiva e alla direzione artistica senza mai smettere di migliorarsi. Ma Linus è anche scrittore, grande appassionato di corsa e soprattutto un padre di famiglia. Una persona vera e autentica, molto amata e apprezzata dal pubblico. Un orgoglio per gli italiani ma ancora di più per i folignati, perché Linus è nato a Foligno nel 1957 rimanendoci però giusto il tempo dei primi passi di vita, perché poi la famiglia è approdata a Milano, la città che gli ha dato la possibilità di diventare la persona e il professionista che è oggi.
Personalmente ho avuto il piacere di intervistare Linus e, come immaginavo, si è dimostrato gentile e corretto, non solo nelle risposte che manifestano una grande forma di rispetto verso le persone e il lavoro, ma anche nell’aver avuto l’accortezza di inviare alla redazione della Gazzetta di Foligno una fotografia scattata proprio per l’occasione e in cui condivide la sua notorietà insieme all’amico e collega di lavoro Nicola Savino nello studio della diretta di Deejay Chiama Italia.
Ci parli del suo legame con Foligno e i ricordi legati a questa città.
Sono nato a Foligno ma ci sono rimasto poco meno di tre anni, quindi i ricordi sono ovviamente di seconda mano. Sono quelli di mia madre, che ne era profondamente innamorata.
È mai ritornato a Foligno o pensa di tornarci?
Ci sono tornato diverse volte, da grande, unendo l’utile al dilettevole. Negli anni ‘90 diverse volte ho lavorato in zona e ho sempre trovato il tempo per farci un salto. Ora però è tanto che manco.
Un suo commento sul Foligno calcio e l’attuale interdittiva antimafia.
È una brutta storia, purtroppo per niente sorprendente. Nel senso che non è certo un’esclusiva di Foligno. E sono felice che la parte buona della città ne abbia preso le distanze in maniera così netta.
Come ha percepito dall’esterno il terremoto che ha colpito recentemente l’Italia centrale?
Che dire, è come veder crollare la casa dove sei nato. Peraltro è quella parte del paese che maggiormente lo rappresenta, per tradizioni e bellezze storiche.
Conosce la Giostra della Quintana di Foligno?
Certo! Ho una bellissima foto da qualche parte con mio padre in divisa d’epoca! Credo fosse il ‘51…
Come appassionato di corsa, le farebbe piacere partecipare alla “Mezza maratona città di Foligno”? Noi saremmo orgogliosi della sua partecipazione.
Lo so, e sono molti anni che vengo invitato. Purtroppo sono ancora fermo ai box, ho corso troppo negli ultimi vent’anni e i miei tendini mi stanno presentando il conto.
Mi descriva la sua figura di professionista e quella di padre di famiglia. Come concilia i due ruoli?
Sono quasi la stessa cosa: sia a casa che sul lavoro faccio il fratello maggiore, più che il padre o il direttore. Ho sempre un approccio molto diretto e disponibile, credo.
Lei è deejay, conduttore radiofonico, conduttore televisivo, direttore artistico e anche scrittore. Come preferisce che venga definito?
Come uno bravo a raccontare. È la cosa che so fare meglio, e mi piace usare anche strumenti diversi. Anche se la radio, evidentemente, è casa mia, la mia cameretta, il mio vestito più comodo.
Cosa ha rappresentato e cosa rappresenta ancora oggi la radio per lei.
La cosa che mi piace di più fare. Non sempre mi piace da ascoltare, sono molto esigente e in giro non c’è granché di nuovo, però farla, sapendola fare, è sempre meraviglioso.
Sui giornali e su internet si può leggere di lei che è una persona autentica nella vita e nel lavoro ma io chiedo a lei gentilmente di descriversi e spiegare come, la vita e il lavoro, l’hanno cambiata e resa la persona che è oggi.
La cosa che mi ha cambiato di più è stata diventare il direttore della radio. Ho dovuto cambiare drasticamente il modo di relazionarmi col mondo. Ho imparato ad essere chiaro, deciso, affidabile, ma anche ad ascoltare e rispettare i punti di vista. E, anche se farà sorridere, sono migliorato ulteriormente da quando corro o faccio sport. La disciplina della fatica.
MAURA DONATI