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Interruzione volontaria di gravidanza e obiezione di coscienza. Le riflessioni di un liceale

Parrebbe molto difficile analizzare con criterio e chiarezza la vivacissima ed attuale questione della mancanza di medici non obiettori di coscienza presso l’ospedale di Foligno; dico “parrebbe”, dato che in realtà hanno già praticamente tutti espresso un parere personale (nato, ci si augura, sulla base di studi approfonditi) circa il problema della momentanea mancanza di un professionista che acconsenta ad operare una pratica delicata come l’aborto. Fra i più veloci a puntare il dito premiamo le previdentissime Barbara Mischianti, segretaria regionale Cgil, e Vanda Scarpelli, segretaria della Camera del Lavoro di Perugia, le quali hanno subito messo in luce la poca accortezza operata da chi di dovere: “Il fatto è ancora più grave visto che le dimissioni del medico in questione erano previste da tempo e, quindi, la direzione generale della Usl Umbria 2 avrebbe dovuto bandire un concorso per ginecologi non obiettori o ricercare professionisti che abbiano questa caratteristica”. Fra i vari segretari interessati alla vicenda, non manca di esporsi anche quello di Rifondazione comunista, Enrico Flamini: “La notizia della sospensione del servizio Ivg presso l’ospedale di Foligno è molto grave. A quasi 40 anni dall’entrata in vigore della legge 194, la stessa può dirsi sul punto inattuata”. D’altro canto, male si difende il direttore generale della sopracitata Usl Umbria 2, il quale, dichiarando che “già da questo mese… sono state individuate risorse in grado di assicurare e dare continuità al servizio nel presidio ospedaliero di Foligno, evitando quindi ogni disagio per l’utenza”, non riesce tuttavia a concretizzare una data entro la quale si potrà sopperire alla mancanza di personale interessato più all’utile e al pratico che ad una morale che non transige sulla sacralità della vita. Provando a salire su uno scricchiolante piedistallo super partes, sarebbe più facile -tenendo conto di quanto sia sciocco ed inutile pretendere che vengano rispettati i diritti della coppia richiedente aborto piuttosto che quelli di un medico inorridito dalla morte indotta e viceversa- intuire quale sia il vero bandolo della matassa; spostandosi sul piano più oggettivo fra tutti (quello legale), è possibile apprendere che secondo l’articolo 9 della legge 194/78 (trattasi di una deroga rispetto a quanto disposto dallo Statuto dei lavoratori nell’articolo 8 della legge 300/70, con cui si vieta ogni tipo di indagine ‘preassuntiva’ di carattere morale, etico e religioso) l’obiezione di coscienza deve essere oggetto di comunicazione preventiva all’azienda e/o al datore di lavoro. Alla luce di queste informazioni, si deduce giocoforza che da una parte è assolutamente legale per un medico dichiararsi obiettore di coscienza, dall’altra che è effettivamente nelle possibilità della Usl dotarsi di almeno un sanitario che sia disposto ad interrompere una gravidanza. Per quanto tuttavia sia quella del non obiettore una presenza “comoda”, il criterio dell’utile non è legge, ed è quindi possibile soltanto appellarsi al direttore generale Fiaschini, che pure ha promesso una soluzione del problema quanto più rapida e indolore. Avendo ragionato sulle sovrastrutture, occorre forse spendere due parole sulle radici alla base di pratiche drammatiche come l’aborto. Pur essendo presenti varie coppie mature e consce delle proprie risoluzioni, la maggior parte della ‘clientela’ si attesta sull’età adolescenziale; questo è un dato che deve far riflettere. Non è difficile prevedere che, data l’incoscienza di molti ragazzi, la mancanza della garanzia di abortire in sicurezza potrebbe insinuare nelle loro menti l’idea malsana di rivolgersi a alle classiche ‘praticone’, che opererebbero con metodi rozzi sennonché mortali. Aspettando la difficile soluzione del problema, è fondamentale non dimenticarsi di agire sin da subito spiegando ai giovanissimi una sessualità alla quale si avvicinano con sempre maggiore foga e sempre minore coscienza.

VITTORIO BITTI

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