Le mummie di Ferentillo. Il fascino di un mistero ancora non svelato
In una fredda domenica di gennaio, con un gruppo di amici decidiamo di visitare uno dei siti più misteriosi ma allo stesso tempo affascinanti dell’Umbria; la cripta della chiesa di Santo Stefano di Ferentillo che ospita le famose mummie. Ci avviciniamo al luogo con la curiosità e la spensieratezza propria del turista qualunque. Già al momento di fare il biglietto però qualcosa in noi cambia repentinamente. Il luogo è freddo, freddissimo e in penombra. La signora che ci accoglie ricorda che è un luogo sacro, di rispetto e ci chiede di non scattare foto (quelle che pubblichiamo sono tratte dal sito ufficiale). Dalle feritoie entra un’aria gelida che paralizza; la luce è tenue poiché i neon sono rivolti verso il muro. Sono le precauzioni adottate per far rimanere inalterato, dopo oltre sette secoli, l’ambiente entro il quale si è manifestato uno dei fenomeni più incredibili e non ancora svelato della nostra terra. Le teche, aperte sopra e sotto proprio per garantire la circolazione dell’aria, ospitano diversi corpi mummificati. Rimaniamo in rispettoso silenzio, siamo pur sempre di fronte ai resti di persone che hanno perso la vita. Ci sono una donna con indosso ancora l’abito da sposa, un soldato francese, una giovane mamma morta di parto con accanto il corpicino del bambino. Diverse sono le salme di membri di una comunità cinese che era in viaggio da quelle parti e che lì, probabilmente a causa della peste, consegnarono le proprie spoglie all’eternità. Non riusciamo a dire o fare nulla se non leggere il piccolo promemoria che ci hanno consegnato all’ingresso e che funge da guida. I corpi sono intatti, di taluni ancora si vedono capelli o barba. Dentature in alcuni casi perfette, la pelle è ancora attaccata alle ossa. Di un assassino è ben visibile la ferita ricevuta al costato destro quando a sua volta fu vittima di un regolamento di conti. Gli esperti, da decenni, si interrogano su cosa o chi abbia reso possibile questo processo di mummificazione. L’aria del posto, un microrganismo nel terreno o presente nella grotta, un rito esoterico. La leggenda del luogo narra che la terra con la quale furono coperte le salme veniva dalla Terrasanta. Ad oggi, però, nulla ha avuto risposta. Qualche decennio indietro fu fatta una prova per cercare di venire a capo dell’enigma. A tale scopo fu seppellita un’aquila con le ali spiegate per dissotterrarla anni dopo e verificarne lo stato di decomposizione. Al momento dell’esumazione fu trovata nella stessa identica e maestosa posizione. Ma, con grande sconcerto, mummificata. La si può tuttora ammirare al centro dell’ossario posto sul fondo della cripta. Terminata la visita usciamo senza proferire parola, profondamente colpiti. Le montagne divise dal corso del Nera ci hanno mostrato uno dei loro misteri più impenetrabili e toccanti.
GIANLUCA PARADISO