Gli ebrei a Foligno: breve storia di una presenza secolare
La presenza degli ebrei a Foligno si perde nella storia medievale. Se la comunità romana era sicuramente presente già dal II sec. a.C., un curioso cenno della Passio Sancti Feliciani narra che San Feliciano convertì un gruppo di ebrei di Norcia attorno al 203, quindi si può ben immaginare una presenza ebraica nell’Italia appenninica già nell’Alto Medioevo. Della comunità folignate, tuttavia, si hanno notizie certe a partire dal XIII secolo: essa era di rito italiano, strettamente legata a quella di Roma e beneficiava del favore dei governanti cittadini – grazie ai quali aveva prosperato – per l’attività di prestito di denaro a interesse, che ai cristiani era proibita al pari dell’usura. Sappiamo, inoltre, che attorno al 1300 si tenne a Foligno una riunione dei rappresentanti di tutte le Comunità ebraiche italiane per discutere del supporto da dare agli ebrei tedeschi vittime di persecuzioni. Comunque, a cavallo dei secoli XIV e XV i numerosissimi documenti di archivio ci informano che la comunità si dedicava al prestito, ma anche al commercio di abiti, indumenti usati e stracci, oltre che a varie attività professionali – come il notariato, la medicina e la farmacia – e artigianali. La concentrazione degli insediamenti nel rione Contrastanga lascia intendere che lì dovesse trovarsi un vero quartiere ebraico, con la presenza di almeno una sinagoga o comunque di più edifici adattati nel tempo a tale uso, mentre il cimitero ebraico era presso il Cassero, nel Campo di Francalancia, l’attuale Parco dei Canapè. La situazione degli ebrei folignati iniziò a peggiorare nella seconda metà del XV secolo: le magistrature cittadine, che fino a quel momento si erano limitate a chiedere agli ebrei ingenti finanziamenti – come quelli per la festa di San Feliciano – in cambio della libera attività di prestito di denaro, iniziarono a mutare politica ispirati dalle prediche dei francescani osservanti a sostegno di un nuovo modello economico caratterizzato da una maggiore circolazione di capitali e da un accesso al credito a condizioni più favorevoli per i meno abbienti. Questa forma di microcredito, volta a concedere prestiti di modesta entità in cambio di un pegno, fu promossa a Foligno dal francescano Fortunato Coppoli da Perugia, che nel 1471 fondò il Monte di Pietà. Gli ebrei, che fino a quel momento erano stati colpiti da sporadiche forme di antisemitismo popolare e avevano persino potuto vendere ai cristiani la carne macellata ritualmente, diventarono dei concorrenti per i nuovi istituti di credito e degli usurai agli occhi del popolo, nel quale cresceva il sentimento antigiudaico. Attorno al 1463 l’attività creditizia degli ebrei iniziò ad essere pesantemente limitata, nel 1478 i Priori obbligarono gli ebrei ad indossare un segno distintivo e nel 1487 fu formalmente vietato agli ebrei il prestito di denaro. Infine, fu un ebreo folignate convertito al cristianesimo, Alessandro Franceschi ovvero Hananel Graziadio da Foligno, ad amplificare per interesse personale le accuse di blasfemia tradizionalmente rivolte ai suoi ex correligionari fino a provocare il celebre rogo del Talmud e di altri libri ebraici in Campo de’ Fiori nel 1553 e ad accusare gli ebrei di aver compiuto un omicidio rituale nel 1555: malgrado fosse provata l’inconsistenza delle accuse, a causa delle conseguenti sommosse popolari contro gli ebrei Paolo IV istituì nello stesso anno il Ghetto di Roma. Gli ebrei furono espulsi da Foligno nel 1569: alcuni si dispersero nell’Appennino, altri si convertirono al cristianesimo, mentre la maggior parte si trasferì nei ghetti di Roma e Ancona o nelle città marchigiane o romagnole generalmente più tolleranti, come testimonia la sopravvivenza in quelle aree del cognome Foligno e varianti. Sebbene in quegli anni le fiere di Foligno entrarono in un periodo di decadenza a causa dell’espulsione della comunità ebraica, a tutto vantaggio della fiera di Senigallia, per un certo periodo di tempo agli ebrei fu concesso di tornare a Foligno, ma solo temporaneamente. Le testimonianze della comunità ebraica di Foligno sono sopravvissute solo negli archivi: le molteplici trasformazioni del tessuto urbano hanno fatto perdere ogni traccia della sinagoga, mentre si conosce solo l’ubicazione del quartiere ebraico e del cimitero. L’unica eccezione è rappresentata da un affresco che Giovanni da Corraduccio dipinse nel 1430 nel Monastero di Sant’Anna: l’Albero della Vita. Il Crocifisso è attorniato da dodici profeti accuratamente abbigliati secondo l’uso ebraico, recanti in mano cartigli con citazioni bibliche in volgare e sulla testa i tefillin, astucci di cuoio contenenti brani della Torah. È affascinante pensare che gli abiti e, chissà, i volti di quei Profeti siano l’unica eredità degli ebrei folignati.
FABIO MASSIMO MATTONI