Noi, gli altri e la misericordia
Il Giubileo straordinario della Misericordia, indetto da Papa Francesco, è stato aperto solennemente l’8 dicembre scorso, a cinquant’anni esatti dalla conclusione del Concilio Vaticano II. È questo un dato simbolico di indubbia portata, un ponte che lega senza soluzione di continuità l’ultima grande riforma pastorale della Chiesa all’anno che porterà l’uomo a riscoprirsi creatura, bisognosa cioè di comprensione, accoglienza e, soprattutto, misericordia.
Un passaggio emblematico che la Chiesa di Foligno ha voluto evidenziare anche attraverso il Convegno sui cinquant’anni del Concilio Vaticano II, il quale, come ricordato dai tanti relatori durante la giornata di studio tenutasi a Palazzo Trinci sabato scorso, deve essere ancora pienamente recepito e attuato. Infatti mai come ora i temi del Concilio (ecumenismo, rapporto con le religioni non cristiane, libertà religiosa) sono tornati ad essere di assoluta e drammatica attualità.
Secondo l’ultimo rapporto dell’istituto di ricerca statunitense “Pew Research Center”, che riporta i dati al 2010, i cristiani nel mondo rappresentano il 31,4% della popolazione mondiale, circa 2.168.000.000 di persone. I musulmani si attestano poco sotto 1.600.000.000 di fedeli, pari al 23,2% del totale. Il “podio” viene completato dai non credenti in alcuna religione, con una consistenza pari al 16,4%, circa 1.131.000.000 di individui. Il restante 29% della popolazione mondiale è rappresentato da tutte le altre religioni, tra cui spiccano oltre un miliardo di induisti.
Sebbene in fatto di fede e religione i dati abbiano tante e tali sfumature che impongono ponderazioni cum grano salis, i numeri sono comunque suggestivi. Aiutano a comprendere, ad esempio, che la polarizzazione Cristianesimo/Islam è probabilmente frutto di una mentalità eurocentrica, che fatica a prendere consapevolezza di se stessa e dei propri limiti. Che occorrerebbe dialogare, sulla scia di quanto proposto proprio dal Concilio Vaticano II, non solo con le religioni non cristiane, ma anche con la crescente fetta di coloro che provano indifferenza o rifiutano il divino.
Ciò nonostante le azioni degli estremisti vengono spesso rese imperscrutabili da una serie di sovrastrutture, che pretendono di ricondurre e appiattire le tragedie che colpiscono i nostri giorni a “semplici” meccanismi socio-economici: si diventa terroristi perché sfruttati e vilipesi. Certamente la povertà materiale e l’ingiustizia hanno un ruolo non secondario nel provocare scontento e ribellioni, ma la tragica radicalizzazione dell’uomo è insita nella religione e può avvenire solo attraverso una lettura perentoria del proprio credo, ritenuto unica e assoluta verità, che non accetta differenziazioni, scostamenti e, perché no, derisioni o contrapposizioni.
Il Giubileo può indicarci una strada da percorrere: invocare per se stessi la misericordia significa mantenere fede alla propria identità, auspicare reciprocità, ma anche acquisire consapevolezza della propria imperfezione e, di conseguenza, non meravigliarsi di quella altrui né giudicarla. Non è affatto semplice.
ENRICO PRESILLA