Ma insomma, come mangiare per vivere meglio?
La dieta mediterranea al centro del convegno organizzato dal Kiwanis di Foligno
Il 30% dei bambini al mondo è sovralimentato; il 10% dei sovralimentati soffre di obesità, con conseguenze sia di carattere fisiologico sia psicologico. È partendo da questo paradosso alimentare (insopportabile, se si considera che milioni di persone muoiono ogni anno per malnutrizione) che il Kiwanis di Foligno (organizzazione no-profit che persegue finalità di benessere comunitario tra i giovani) ha preparato il convegno di apertura del “Villaggio delle tipicità locali” ai Primi d’Italia 2015, propedeutico ad un progetto di educazione alimentare da tenersi nelle scuole tra ottobre e maggio. Con la moderazione della dott.ssa Frenquellucci (dietologa e socia folignate del Kiwanis) sono intervenuti Maria Pia Angellotti (Ass. Naz.le Dietisti), David Lazzari (psicologo) e Giuseppe Fatati (diabetologo, dietologo, nutrizionista). La dott.ssa Angellotti ha ricostruito storia e fortune della dieta mediterranea – dai primi studi del medico americano Ancel Keys, incuriosito dalla longevità di certe popolazioni costiere campane, tanto da stabilirsi nel Cilento e studiarle per quattro decenni – che dello stile alimentare nostrano ha contribuito a diffondere il mito, fino al riconoscimento a bene immateriale dell’umanità da parte dell’Unesco (2010). Ma soprattutto ha illustrato come dovrebbe essere la sintesi della dieta mediterranea (nell’immagine): grandi quantità di verdure, ortaggi e frutta, soprattutto fresca, ma anche secca (fino a 6 noci o 10 mandorle al giorno), purché se ne rispetti la stagionalità; cereali integrali (hanno fibre e carboidrati complessi; non solo grano, ma anche quelli ingiustamente considerati minori); proteine salutari (carni bianche – che contengono calcio – e pesce – con i suoi Omega-3 – almeno una volta alla settimana); non lesinare bevande (meglio non zuccherate); fare del pasto, infine, una convivialità (mangiare lentamente e masticare a lungo per saziarsi), possibilmente accompagnata da una camminata di almeno 30’ al giorno. Il dott. Lazzari ha invece evidenziato il paradosso socioculturale a cui la società dei consumi ci sottopone: abbondanza di cibo a disposizione e necessità di mantenersi snelli per gusto estetico. Ne consegue un accumulo di stress. «Ma chi l’ha detto – ha infine concluso il Prof. Fatati – che i magri vivono più a lungo?». L’intervento del presidente del comitato esecutivo dell’Obesity day non solo ha confutato la nozione stessa di dieta mediterranea («Semmai una via italiana all’alimentazione»), ma ha anche sfatato qualche luogo comune: «Oggi non ingrassiamo perché mangiamo troppo o male. La mortadella ha meno colesterolo del filetto di spigola [e giù applausi per la mortadella!]. Ingrassiamo per colpa dell’ambiente. Se i nostri nonni spendevano 8mila calorie al giorno per vivere (quindi dovevano pur mangiare, eccome!), oggi ne bastano 2mila. Con le diete abbiamo colpevolizzato gli atteggiamenti alimentari del singolo, ma il problema è sociale, anzi politico: di notte è caldo come di giorno, d’inverno come d’estate e non c’è più quel salutare stress termico che ci fa consumare; portiamo i figli fin sotto la scuola con la macchina e non abbiamo che poche piste ciclabili e aree pedonali».
I tre interventi trovano qui la loro sintesi: che la dieta mediterranea è semmai uno stile di vita, fatta di cose semplici e buone pratiche di tradizione che abbiamo dimenticato e occorre reimparare.
MAURIZIO COCCIA