Ultime elezioni regionali per l’Umbria?
In ogni elezione si giocano sempre due partite. La prima riguarda la competizione per il potere e i relativi giochi tattici. La seconda, le visioni politiche e i programmi di governo.
Proviamo a vederle entrambe. La prima: 8 candidati presidenti, 16 liste, 320 candidati consiglieri per venti posti. In realtà i candidati presidenti con chance di vittoria sono due, forse tre: Catiuscia Marini, presidente uscente e leader del centro-sinistra, sostenuta da quattro liste; Claudio Ricci, sindaco di Assisi, candidato del centro-destra, con sei liste collegate; Andrea Liberati, candidato del Movimento 5 stelle. Le altre liste si collocano tanto alla sinistra di Marini quanto alla destra di Ricci. Raccontata così pare proprio una bella competizione democratica: libera, pluralistica e attenta alle quote di genere (volendo esprimere due preferenze, gli elettori dovranno indicare obbligatoriamente un uomo e una donna). Ma il trucco sta nelle regole del gioco: bene l’abolizione del listino, bene la parità di genere, simpatica l’esca del 2,5% per le liste di minoranza. Sul resto però pesa il fondato sospetto di incostituzionalità per quei 12 seggi garantiti alla coalizione di maggioranza, senza l’indicazione di una percentuale minima di voti (quella dell’Italicum è del 40%), e il seggio garantito al candidato presidente della maggiore forza di opposizione. Il Pd, la principale forza di governo in regione, l’ha voluta così e senza doppio turno per evitare il rischio di un nuovo “caso Perugia”. Il centro destra l’ha accettata di fatto, pensando, nell’ipotesi peggiore, al premio assicurato al capo della propria coalizione.
Ma è certo che tutto procederà secondo gli auspici di questa classe politica? Sia il centro sinistra che il centro destra presentano problemi non da poco. Catiuscia Marini dovrà fare i conti con almeno tre aree di scontento: la freddezza dell’escluso Cernicchi nel perugino, l’irritazione dei cislini a vedere in lista due ex segretari e due sindacalisti della Cgil, la sottorappresentanza di Spoleto. Se vincerà dovrà accendere un cero a Gianpiero Bocci, che è in grado di controllare almeno le due prime aree di scontento. Ovviamente Bocci – che è probabilmente l’unico leader umbro “sveglio” – presenterà il conto: almeno tre suoi consiglieri da eleggere (Barberini, Porzi e Brega), con cui sarà in grado di condizionare la maggioranza di Marini. Anche Claudio Ricci ha però le sue gatte da pelare. A fronte di compagni di viaggio sicuramente presentabili, come Roberto Morroni, Raffaele Nevi e Maria Rosi, egli sconta il sostegno del leghista Matteo Salvini e di personaggi che potrebbero allontanare i moderati umbri. Su tutto c’è poi l’incognita dei voti ai 5 stelle e delle astensioni.
Questa è dunque la prima partita. E la seconda? Qui sono in ballo quattro questioni delicatissime su cui sarebbe bene che i candidati dicessero la loro prima delle elezioni. La prima riguarda la ripresa economica. Tra l’alta disoccupazione giovanile, la crisi dell’edilizia e le incertezze dell’industria ternana, i politici dovrebbero assicurare un impulso che finora ha funzionato in parte solo per Terni. La seconda attiene al governo del territorio. Dopo la bocciatura nazionale del Piano Strategico Territoriale, il legislatore umbro dovrà impegnarsi a conciliare meglio i temi dello sviluppo con il rispetto dell’ambiente. La terza ha a che fare con la riforma incompiuta della sanità. In Umbria ci sono troppe liste d’attesa e qualche azienda di troppo. È un’area – come ricordano spesso Bocci e Barberini – su cui recuperare efficacia ed efficienza. La quarta investe il destino della stessa Regione: in quale macroregione è opportuno che si ritrovino gli umbri? La Toscana e le Marche hanno già cominciato a ragionarci su. Solo l’Umbria tace, preferendo dedicarsi ai giochini delle correnti interne dei partiti. Ma forse “partiti” oggi è semplicemente il participio passato del verbo partire.
ROBERTO SEGATORI