Verso le elezioni regionali
È scaduto il 30 aprile scorso il termine per la presentazione delle liste per le elezioni regionali del prossimo 31 maggio. Anche noi Umbri saremo chiamati al voto per eleggere uno degli otto candidati a presidente della regione appoggiati da ben 16 liste depositate a Perugia.
Concorrono: Amato John De Paolis (lista collegata: Alternativa Riformista), Simone Di Stefano (lista collegata: Sovranità prima gli Italiani), Aurelio Fabiani (liste collegate: Casa Rossa,Partito Comunista e dei lavoratori), Andrea Liberati (lista collegata: Movimento 5 Stelle), Fulvio Carlo Maiorca (lista collegata: Forza Nuova), Catiuscia Marini (liste collegata: Umbria più uguale, Sinistra Ecologia e Libertà, La sinistra per l’Umbria, Socialisti Riformisti territori per l’Umbria, Partito Democratico, Iniziativa per l’Umbria Civica e Popolare), Claudio Ricci (liste collegate: Per l’Umbria popolare con Ricci, Cambiare in Umbria con Ricci, Fratelli d’Italia, Alleanza Nazionale, Ricci presidente, Lega Nord e Forza Italia), Michele Vecchietti (lista collegata: L’Umbria per un’altra Europa).
I candidati sono complessivamente 320 e concorrono ai 20 posti nella massima assemblea. È interessante l’analisi della provenienza dei candidati: gli umbri sono 235, a cui si aggiungono 26 laziali, 9 calabresi, 8 pugliesi, 7 marchigiani, 7 lombardi, 6 toscani, 3 piemontesi, 3 campani, 2 veneti, 2 siciliani, 2 abruzzesi, 1 emiliano e 1 ligure. Otto sono, invece, gli stranieri: 1 francese, 1albanese, 1 rumeno, 1 lussemburghese, 4 svizzeri. L’età media è di 47 anni.
Siamo chiamati a votare un candidato che si occupi del nostro territorio rispettandone la sostenibilità e le persone che da sempre lo vivono, che guardi con lungimiranza all’integrazione delle etnie presenti e che apra un varco di speranza ai ragazzi più giovani. Si auspica cioè un cambiamento di rotta per dirigersi verso una modalità di fare politica lontana dal clientelismo e dallo scambio di voto, contro il “lavoro fisso e per sempre” da cui una volta per tutte l’Umbria deve uscire perché non produttivo. Bisogna infatti lasciare il posto alla formazione, allo sviluppo dei talenti e delle capacità, per fornire una reale possibilità ai molti giovani che si stanno preparando a svolgere le mansioni richieste dal mercato.
Questo per far ripartire un’economia locale da troppi anni sofferente, capace di mettere al centro il bene comune e non l’interesse personale. Basterà avere un’età media dei candidati relativamente bassa per ottenere tali risultati?
PAOLA POMPEI