La campanella e le campane
Mentre stavo accingendomi a licenziare l’editoriale per il numero della Gazzetta che esce a Pasqua è accaduto quanto è a tutti noto e cioè che la campanella della scuola non sembra riuscire a prendersi il meritato riposo che le campane sono solite concederle a Pasqua. Ho atteso in silenzio l’evolversi della situazione nella serena fiducia che l’onda di piena delle voci rientrasse nell’alveo del buon senso e del buon gusto. Mi inserisco nella questione con “delicata fierezza”, non certo per fomentare un confronto che ha assunto i toni intollerabili dello scontro e quelli inqualificabili dell’affronto, ma per richiamare l’attenzione sulla verità dei fatti, senza pregiudizi, e sulla necessità di ritrovare le ragioni della comunione.
Ha fatto il proprio dovere fr. Leonardo De Mola che, interessando i genitori, ha sollevato una legittima questione pastorale, quella della “benedizione pasquale” della scuola, diventata, strumentalmente, polverone mediatico. Il difetto nella comunicazione, che ha preso la tangenziale del pubblico dibattito anziché la via diritta del dialogo personale, non può oscurare la ragione del parroco da un lato, né quella della dott.ssa Simona Lazzari dall’altro, la quale per aver osservato la normativa vigente ha subito attacchi indegni della sua dignità cristiana e professionale e che, pertanto, merita la mia sincera solidarietà.
Al contrario, non sta facendo il proprio dovere né chi intende servirsi di questa vicenda per spostare i voti, da una parte o dall’altra, anticipando la campagna elettorale, né chi in nome di una “tolleranza liquida” prende giustamente le distanze dal fondamentalismo religioso senza accorgersi di essere fiancheggiatore del laicismo assoluto. Non sta facendo il proprio dovere nemmeno chi vuole impedire alla Chiesa di “uscire dalla sagrestia”, come raccomanda Papa Francesco, e neppure chi intende servirsi del campanile per suonare non le campane ma la sirena. Non sta facendo il proprio dovere neanche chi sta a guardare come andrà a finire questa triste vicenda, soffiando sul fuoco della divisione, o chi pretende dal vescovo che scenda in campo come giudice o, al limite, come arbitro, piuttosto che come custode della verità e garante della comunione.
Consapevole che il Signore sa ricavare il bene da tutto e che al vescovo spetta il compito di riconciliare gli animi, sono ben disposto ad aprire un tavolo con i dirigenti scolastici, non tanto per discutere con loro, assieme ai parroci, come e quando entrare nel mondo della scuola con il “secchiello e l’acqua santa”, quanto per testimoniare che la Chiesa non è estranea alla sfida educativa. È intollerabile, però, che mentre si sta evacuando il Presepio dalla scuola per non offendere Babbo Natale e confinando la “benedizione pasquale” in una “zona franca”, si sta preparando per la teoria del gender – che pone la scure alla radice dell’identità sessuale – un arco trionfale, con tanto di benedizione laicista. Questo è intollerabile!
“L’essere cristiano – sottolineava Benedetto XVI – non è una specie di abito da vestire in privato o in particolari occasioni, ma è qualcosa di vivo e totalizzante”. Ai credenti è chiesto di essere “segno di contraddizione” (cf. Lc 2,34). E devono esserlo con l’audacia della genuina credibilità, della libertà da ogni compromesso e, soprattutto, con la “delicata fierezza” di chi sa che la Chiesa non ha “confini da difendere o territori da occupare, ma solo una maternità da estendere”.
Mentre scrivo mi accorgo che le battute a mia disposizione sono terminate: è ora che la campanella lasci spazio alle campane. È la Pasqua del Signore!
+ Gualtiero Sigismondi