I primi musulmani all’ITIS di Foligno
Quando leggo delle ripetute stragi di Boko Haram e degli orrori che i terroristi islamisti continuano a seminare nel nord-est della Nigeria, mi viene spontaneo ripensare a quella ventina, forse trenta, di studenti nigeriani che tra la fine degli anni settanta e gli anni ottanta vennero a studiare a Foligno, soprattutto all’Istituto Tecnico Industriale. Tra loro c’era qualche cattolico, qualche protestante, ma i più, osservanti o meno, erano di religione islamica. Ricordo bene il clima di spiritosa curiosità, di benevola accoglienza e di spontanea amicizia con cui i nostri studenti li accolsero. Non fecero mancare loro il sostegno per la lingua e la complicità per i compiti. Li aiutarono anche a sistemarsi in qualche bugigattolo del centro storico, divenuto improvvisamente costoso per il portafoglio dei nostri immigrati, e non scarseggiarono, nei primi tempi, inviti a pranzo la domenica. Anche la Caritas diocesana si mise a disposizione e ci furono incontri per una conoscenza reciproca. Erano ragazzi non privi di possibilità materiali e di buone capacità di studio; molto determinati, non sfigurarono mai nei risultati scolastici. Erano di religioni diverse, ma non ci furono mai contrasti e ostilità. Qualche frizione, talvolta, poteva esserci tra loro ma non con i nostri. Le parolacce all’italiana le impararono subito, ma gli islamici non sopportavano che i loro compagni di scuola bestemmiassero Iddio o la Madonna. Gli osservanti faticavano a capire come un giovane italiano non fosse anche un cristiano e non facesse qualche pratica religiosa. Crocifissi, presepi, tradizioni, ora di religione cattolica … erano polemiche ancora da venire e i difensori della laicità non temevano sopraffazioni o lesioni delle libertà altrui. Era un idillio, allora? No, semplicemente non era ancora esplosa la questione islamica e la rivoluzione iraniana era appena agli inizi. Il mondo musulmano, anche a Foligno, appariva distante, tranquillo, quasi sconosciuto, a parte i soliti luoghi comuni. Solo anni dopo, con i processi immigratori e le guerre e le rivoluzioni in quella parte del mondo, sarebbero arrivati da noi la paura, la diffidenza, i malintesi, le semplificazioni. Oggi Foligno, come la gran parte delle città d’Italia, non conosce le alienanti periferie urbane dove i giovani musulmani crescono nella solitudine e nell’odio, cercando magari il riscatto nel fanatismo, ma il processo d’integrazione deve essere rafforzato. Vanno superati il più possibile i quartieri etnici, le classi più piene di altre di stranieri, i luoghi di ritrovo come se fossero ghetti. Occorre respingere l’equazione musulmani uguale gente pericolosa e religione islamica uguale violenza o potenziale terrorismo. E poi costruire, con i musulmani residenti, reti, occasioni di dialogo e d’incontro con le istituzioni e tra i cittadini, riscoprendo il senso della comunità locale e del destino comune del Paese. Bisogna lavorare sull’educazione, sulla scuola, sulla lingua e la cultura italiana. Evitando qualche contraddizione di troppo. Come ritenere che i presepi o i crocifissi offendano i sentimenti religiosi musulmani e certe vignette anti-Corano, invece, no.
ANOTNIO NIZZI