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La Chiesa con le porte aperte

La Festa di San Feliciano sollecita la comunità cristiana a ripensare da dove viene e verso dove va: due domande che diventano una: come realizzare oggi la “riforma” della Chiesa in uscita missionaria. È, questo, il tema centrale dell’Evangelii gaudium: la Chiesa, dice Papa Francesco, deve uscire da sé e andare verso coloro ai quali è stata inviata. C’è, in queste parole, la chiamata ad una evangelizzazione contrassegnata dalla gioia del Vangelo che riempie la vita di coloro che hanno incontrato Gesù. L’invito è a liberarsi dal peccato con le sue tristezze e le sue paure, per recuperare la freschezza originaria della missione. Anche le strutture ecclesiali vanno riformate perché siano tutte più missionarie. E anche qui Papa Francesco parla di gioia, di servizio, di apertura verso il mondo, di solidarietà. La richiesta pressante di una conversione pastorale della Chiesa significa superare una visione statica e una prassi di contenimento della vita religiosa per sperimentare uno stato permanente di evangelizzazione che richiede dinamismo, audacia e creatività. Insomma, non una Chiesa chiusa in se stessa, nelle sue certezze dottrinali e nelle proprie strutture organizzative, con le quali controllare o giudicare il mondo di oggi, ma una Chiesa chiamata sempre ad essere la casa aperta del Padre, ove si comunica la grazia di Colui che fa nuove tutte le cose e dove si sperimenta la misericordia verso i peccatori, l’attenzione agli ultimi, la sollecitudine per le gravi difficoltà che la vita di oggi incontra. A tutti Papa Francesco chiede conversione, anche quando riflette sul magistero papale, sulla collegialità dei vescovi e sul ruolo degli episcopati locali, sulla promozione del laicato e sulla presenza femminile nella Chiesa, sui pericoli della mondanità e della contro-testimonianza dei credenti. Forte è pure il richiamo alla dimensione sociale nell’azione della Chiesa e all’opzione fondamentale verso i poveri, attraverso un no categorico all’ economia dell’esclusione e dell’iniquità, alle nuove forme di schiavitù e all’idolatria del denaro. Con le sue 220 pagine, l’Esortazione apostolica del Papa, grazie anche al linguaggio diretto e penetrante, provoca un salutare esame di coscienza sull’idea di Chiesa e della sua “riforma” a vari livelli, partendo dalla gioia come requisito essenziale per il cristiano. Sono domande che la Chiesa locale in festa non può eludere, nascondendosi sotto quei drappeggi spirituali o pastorali richiamati da Papa Francesco. Riguardano i suoi doveri di gioiosa evangelizzazione, di testimonianza fedele, di comprensione per le debolezze e gli errori dei fratelli, di vicinanza al crescente numero di quanti la Chiesa fatica a comprendere e ad accompagnare. C’è da domandarsi quanto la parrocchia riesca ad essere Chiesa tra la gente e se i movimenti e i gruppi siano capaci di una pastorale unitaria. Prima ancora, quanta collaborazione circoli tra i sacerdoti e quanta comunione tra loro e con il Vescovo. Quanto il protagonismo, la chiacchiera e l’inerzia pastorale ostacolino la partecipazione e la condivisione di un missione comune: portare tutte le persone ad incontrare il Vangelo.

ANTONIO NIZZI

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