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La speranza di un cambiamento

Nonostante i dati reali dell’economia e della società non diano segnali apprezzabili di miglioramento, l’Istat dice che l’Italia sta ripartendo e che la recessione dovrebbe finire fra pochi mesi, pur rimanendo l’allarme disoccupazione. Nonostante le critiche e gli altolà alla politica del governo, il consenso attorno al primo ministro resta molto alto rispetto a qualsiasi leader politico. Non sempre è chiaro che cosa Renzi voglia fare o se abbia reali possibilità e capacità di riuscire, eppure gli italiani ritengono che Matteo debba comunque provarci. Lui esorta il Paese a non mollare e a prefigurare una stagione politica nuova, per questo incarna oggi la speranza di un cambiamento. Quanto prima i fatti sanciranno, o meno, il successo della sua spinta al rinnovamento. Intanto ha dalla sua due punti di forza: lo slancio giovanile in un Paese senescente e l’inconcludenza delle opposizioni. Le vie nuove infatti – piaccia a meno – possono tentarle solo persone nuove, con idee nuove e strategie nuove; quelle vecchie – persone, idee e strategie – sono divenute inaffidabili e non possono più sottrarsi alla responsabilità di dar conto al Paese del vicolo cieco in cui l’hanno ficcato. Per quanto riguarda poi le alternative, gli osservatori politici faticano a scorgere in questo momento altri leader credibili e capaci di altrettanto consenso, viste le opposizioni litigiose e frazionate, o ferme al palo degli improperi scambiati per destrezza politica. D’altro canto, altre maggioranze non ci sono al momento, il Pd altri leader non ne ha e di Renzi l’Europa pare fidarsi. Restano i dilemmi antichi e non ancora del tutto risolti della sinistra italiana – cambiare o conservare? -, della cui storia fa parte anche la Cgil che si è mobilitata contro un governo di sinistra. Pure qui saranno i fatti a decretare, o meno, il successo del tentativo renziano di cambiare la cassetta degli attrezzi, anche se non è difficile intuire che non si può costruire il futuro continuando solo e sempre a rincorrere il passato. La sfida più grande resta però quella di aprire una stagione nuova alla politica italiana per cambiare il Paese, che non può più pensare di risolvere le crisi di sistema affidandosi soltanto a leader carismatici e a proclami inconcludenti. Nuove regole fondamentali e condivise, riforme efficaci, fine del gattopardismo del ceto politico, superamento delle tante corporazioni che bloccano lo sviluppo, presa d’atto che la maggior parte dei problemi che ci affliggono non sono più etichettabili con i vecchi schemi ideologici destra-sinistra (bastino gli esempi della corruzione e della evasione che bloccano l’economia e il lavoro, o quelli delle politiche per la famiglia, di cui da sempre si parla senza decidere nulla): non sono, queste, alcune sfide che il Paese attende da decenni? E non sono sfide da affrontare con le più ampie convergenze possibili, grazie a uomini e idee capaci di attrarre consensi oltre i bacini tradizionali di destra o di sinistra? Accettare la sfida del cambiamento non è detto che riesca. Ma cos’altro chiedere oggi alla politica se non di provarci? La forza di Matteo Renzi, forse, sta proprio qui.

ANTONIO NIZZI

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