Ricognizione o deriva dell’arte contemporanea umbra?
Una sgangherata rassegna di artisti che danneggia tutti
Riceviamo e pubblichiamo una testimonianza dell’Architetto Alfredo Raponi sull’Arte contemporanea a Foligno; il primo di una serie di interventi – con diritto di replica – che la Gazzetta offre alla cittadinanza su argomenti di cultura e attualità. Con la speranza di suscitare un proficuo dibattito
Un ristretto manipolo di esperti ha di recente affrontato un compito non facile, quello di realizzare una mappatura completa e oggettiva dell’arte contemporanea in Umbria, al fine di documentarne i risultati in uno dei numerosi musei d’arte contemporanea attualmente aperti in Umbria: il CIAC di Foligno.
La vaghezza del titolo “Ricognizione 2014, una mappa dell’arte in Umbria” e non “…dell’arte umbra” poteva autorizzare i curatori, e di fatto lo ha consentito, di invitare anche artisti internazionali, provenienti da ogni dove e con un legame con l’Umbria per il semplice fatto di avervi soggiornato o fatto tappa per una collettiva o una personale: occasioni non rare, stante la primogenitura di Spoleto nell’arte contemporanea, le precedenti mostre organizzate al CIAC, il centro di arte contemporanea di Palazzo Lucarini a Trevi, etc. In realtà il visitatore che leggeva “in Umbria” nel titolo di Ricognizione 2014 poteva ritenere convintamente di trovare in mostra gli artisti umbri eredi e prosecutori di quella linea di tendenza culturale che li distingue appunto da quelli di altre regioni d’Italia e del mondo: l’arte umbra, al contrario di quanto purtroppo la rassegna intenderebbe documentare, non ha reciso le radici storiche e conserva, ben fondati, i valori della spiritualità, del misticismo, della bellezza, delle emozioni che scaturiscono dalla sua terra e si trasfondono nei colori, nei materiali e nelle forme (un esempio di artista umbro è il perugino Gerardo Dottori, ricompreso ai primi del Novecento nel Futurismo).
La visita della rassegna lascia invece al visitatore un ricordo desolante di quello che oggi dovrebbe essere, ma non è, l’arte in Umbria o umbra (?).
Colpisce inoltre l’enigmatico titolo del catalogo (“Ricognizione 2014, una mappa dell’arte in Umbria”) che entra in evidente conflitto con le affermazioni contenute nella presentazione. Se il titolo appare enigmatico, la presentazione appare a dir poco criptata: secondo l’illustre redattore questa ricognizione avrebbe “segnato una svolta nell’indagine regionale, con un metodo di tipo orizzontale che ha incluso oltre agli artisti invitati [da chi e con quali criteri oggettivi?] anche chi non è presente con una propria opera all’interno del CIAC”.
Quindi, traducendo, c’è stata un’indagine a livello regionale, mai svolta prima e con un metodo che mi permetto di non conoscere (“metodo orizzontale”) e l’indagine avrebbe interessato anche artisti non presenti nel CIAC, quindi esaminati ed esclusi con selezione di cui restano ignoti gli autori e i criteri. Non sarebbe stato corretto inserire in una o due pagine del catalogo almeno l’elenco degli artisti che si è ritenuto di escludere? Perché non citare i nomi degli esperti che hanno operato la selezione? Perché non pubblicare i criteri che hanno guidato l’indagine? Eppure, la presentazione in catalogo fa riferimento “a precise linee di indirizzo e valutazioni del comitato scientifico del CIAC, coadiuvato da esperti esterni di apprezzato valore”. Essa precisa inoltre che gli artisti presenti in mostra sono quelli “che per ragioni di nascita e di residenza offrono significative testimonianze delle loro capacità creative, sviluppate in questa regione”. Sarebbe troppo facile smentire con dati oggettivi quest’ultimo assunto; peraltro il carattere privatistico(?) dell’istituzione organizzatrice avrebbe consentito di operare scelte in completa libertà, per di più in presenza di una società come la nostra con scarsa identità e scarsa consapevolezza dei propri diritti. Resta che, proclamando un’indagine regionale addirittura di “svolta”, quell’istituzione privatistica ha ribadito un giudizio di valore che ha di fatto danneggiato gli esclusi dalla rassegna.
Non c’è limite alla vergogna: si è enunciato un metodo di indagine incomprensibile e, di più, si è imposto ai rari visitatori (verrebbe voglia di dire Rari nantes in gurgite vasto) un’immagine non condivisibile dell’arte contemporanea in Umbria o umbra(?)!
Resta l’esperienza traumatica che il cittadino comune può aver tratto sia dalla visita della mostra che dall’analisi del catalogo postumo. La visita della mostra ci ha offerto una desolante e confusa rappresentazione dell’arte contemporanea in Umbria o umbra(?): una mostra disordinata, non bella, per certi versi inquietante, priva di valore didattico-informativo nell’allestimento, dimentica delle radici e dei canoni identificativi del nostro territorio e anche i pochi artisti realmente umbri e storicamente riconosciuti sembrano essersi adeguati, con opere di livello inferiore. Sostengo che questa mostra non appartiene a Foligno e all’Umbria e non mi stupisce di aver trovato in rassegna opere di “autori” con curricula risibili.
Da tempo Foligno, per scelte incomprensibili e lontane dai cittadini, è purtroppo terreno di conquista di ingombranti e onerose opere d’arte moderna che occupano a tempo indeterminato spazi che più proficuamente potrebbero essere destinati a luogo espositivo di artisti del nostro territorio.
Veniamo infine al catalogo di Ricognizione, irritualmente uscito postumo: al posto di auspicabili e utili guide storico-artistiche che potrebbero indicare stili, categorie, generi, si leggono per ogni espositore dati biografici spesso carenti, autoreferenziali, redatti con informazioni casuali che pescano qua e là, senza uniformi criteri informativi.
Quando, per concludere, ci sarà una ricognizione vera dell’arte contemporanea umbra che non allontani i cittadini, pregna di quei valori che facciano sentire il visitatore in casa propria, che riconducano ai valori della nostra cultura e che attivi un circolo virtuoso di interessi? Un visitatore, a commento della rassegna Ricognizione 2014, mi ha riferito, come unico elemento di rilievo, la frase citata nell’opera esposta da Massimo Diosono: “Quando il sole della cultura è basso all’orizzonte anche i nani proiettano lunghe ombre”.
Alfredo Raponi