Faloci e il fascismo
Il prof. Fabio Bettoni scrive: Faloci fu “un sostenitore del fascismo assumendo anche il ruolo di consigliere comunale e di assessore”. Questo è vero. E aggiunge: “fatti, questi, che non rendono storicizzabili la sua figura, la sua opera e il suo pensiero”. Qui fatichiamo a seguirlo, visto che il compito dello storico consiste proprio nel comprendere: “nec ridere, nec lugere, nec detestari, sed intelligere”. Comunque, sarebbe sempre l’adesione al fascismo a impedire “un’assunzione comune e corale della sua memoria”. E così, la nostra proposta di dedicare la Sala di lettura della Biblioteca comunale a mons. Faloci Pulignani è restituita al mittente. Rispondiamo. Nessuno pretende che le memorie siano corali e condivise. Ne L’Umbria della Einaudi, ad esempio, l’anticlericalismo folignate è ridotto al portone bruciato della Chiesa di sant’Agostino e al blocco delle processioni. Ma non si dice nulla dei ripetuti assalti anticlericali all’Istituto San Carlo, o del processo contro il manipolo di facinorosi guidati dal Bene- detti Roncalli, che bastonò i giovani sancarlisti; nulla dell’assassinio del giovane di Azione cattolica Ulisse Innocenzi. È chiaro, le memorie sono sempre selettive e omissive: ricordano ciò che vogliono ricor- dare e dimenticano ciò che vogliono dimenticare, per lo più in funzione di interessi pubblici e contingenti. Le memorie non saranno mai condivise, ma alla ricerca storica si deve chiedere uno sforzo di comprensione più profonda e critica. Contestualizzare e storicizzare, non per ridurre le responsabilità, o stemperare tutto nell’indifferenza, ma per comprendere e valutare. Senza questo sforzo di conoscenza, tutta la storia dei totalitarismi del ‘900 meriterebbe di finire in un cimitero senza lapidi e senza nomi. E allora, al posto del rifiuto o del silenzio, perché non approfondire il profilo culturale e politico di un personalità così controversa come Faloci? Ma il monsignore fu fascista! Sì, lo fu e sbagliò, come sbagliarono tanti altri. E potrebbe essere, questa, l’occasione per verificare quanto fu fascista la nostra città, o quanti postfascisti folignati assunsero ruoli importanti nell’immediato dopoguerra. Faloci – si dice – fu “un uomo di parte sul piano politico, un operatore di fratture nella Foligno del suo tempo”. Pure questo, per diversi aspetti, è vero. Ma quanti altri furono uo- mini di parte a Foligno tra ottocento e novecento e quante fratture, segnate anche dal sangue, avvelenarono – non certo con la partecipazione del Faloci – il clima cittadino dopo la prima guerra mondiale! Anche di fronte a tali questioni non ci pare “opportuno fermarsi”. Forse si può fare qualcosa di più per andare oltre l’incomunicabilità delle memorie cittadine di parte. E dunque, a settant’anni dalla morte, perché non organizzare un convegno anche sugli aspetti più discutibili del Faloci? Piaccia o no, è stata la figura di intellettuale militante più impor- tante che ha avuto Foligno tra ottocento e novecento. Con tutte le sue luci e con tutte le sue ombre. Non si tratta di beatificarlo, ma neppure di lasciarlo “innominato” come vorrebbero alcuni.
© Gazzetta di Foligno – ANTONIO NIZZI