Riflessioni dopo una sentenza
Sanitopoli atto primo ha condannato i tre politici e assolto gli altri sette. Se giorni fa l’ex presidente della Regione Umbria Maria Rita Lorenzetti tirava un sospiro di sollievo per la raccomandazione al Rettore dell’Università di Perugia, ora i guai giudiziari le diventano più fastidiosi. Sanitopoli sembra una pentola a pressione che, rotto il coperchio, sbuffa da più parti; un crocevia di malcostume politico frequentato da protagonisti che forse non immaginavano di dover poi andare per procure e tribunali a rispondere su indagini e accuse di vario genere. Noi abbiamo sempre espresso sentimenti di sorpresa e incredulità – né poteva essere altrimenti in una città disorientata per il coinvolgimento di personaggi fin troppo noti – e oggi non possiamo liquidare con gli esiti giudiziari del momento i quasi quarant’anni di vita politica della nostra illustre concittadina, i cui i meriti insieme con gli aspetti meno positivi andranno sottoposti ad un vaglio più sereno e critico, senza il rumore delle istruttorie in corso. Né può essere, la Lorenzetti, usata come capro espiatorio di un collaudato sistema umbro in cui politici benefattori e questuanti di ogni risma continuano a rincorrersi indisturbati. Piuttosto, diciamo che c’è una struttura di potere da cambiare, e che è urgente una presa di coscienza collettiva per uscire dalla stagnazione in cui la nostra regione si trova, anche a causa di gruppi dirigenti che si riproducono tramite un sistema di gestione protetta delle risorse pubbliche ed una ramificazione di garanzie per i propri sostenitori ed amici, magari in barba alle regole e al merito. Rottamare è un verbo sgradevole, ma bisogna pur trovare un’alternativa al servilismo e al conformismo, come pure a quell’arroganza del potere che finisce col premiare la mediocrità. E come non ricordare, allora, l’altro processo imparentato con Sanitopoli e per molti aspetti più insopportabile dall’opinione pubblica? È cronaca di questi giorni. Un folignate ha perso la funzionalità del rene per un errore – si sospetta – compiuto dall’urologo dell’ospedale cittadino, il quale poi, grazie all’ex direttore Asl 3, avrebbe ottenuto la sparizione delle prove, con l’eliminazione dalla cartella clinica del malcapitato di parte del verbale dell’operazione chirurgica. Insopportabile è il fatto che della soppressione della cartella si parli, tranquillamente, nei famosi appunti sequestrati all’ex capo di gabinetto della Lorenzetti e a questa riservati. Così forte è a Foligno l’intreccio malsano tra politici, dirigenti messi dai politici e personale sanitario nelle grazie dei dirigenti? E perché mai la politica si interessa di professionisti in difficoltà, o di dipendenti pubblici in ansia per “stipendi da fame”? Forse perché arroganza e mediocrità si alimentano e si sostengono a vicenda. L’arroganza del potere ha bisogno della mediocrità per mantenersi e la mediocrità bussa al potere per sopravvivere. Speriamo, in futuro, di conoscere una Foligno migliore, dove il sistema del merito nel settore pubblico vinca quello del favore. Un sistema, quest’ultimo, di cui tutti sanno, tanti hanno goduto, e del quale ancora poche sono le contestazioni.
ANTONIO NIZZI