Matrimoni in calo, record negativo per l’Umbria
Nel rapporto Istat le ragioni del crollo dovuto anche all’assenza di misure politiche e pastorali
Mons. Trecci ripete spesso: “Mentre la casa brucia, noi siamo in salotto a discutere su come appendere i quadretti”. Applica questa frase a diverse situazioni, ma in questi giorni post-Sinodo della famiglia mi è tornata in mente quando sul sito www.istat.it è stata pubblicata l’annuale statistica dei matrimoni celebrati in Italia. Sicuramente nel salotto della società contemporanea c’è qualcosa che non quadra e che deve essere raddrizzato, ma c’è un incendio in corso già da quarant’anni che non è stato ancora domato, né sono state prese misure politiche e pastorali per estinguerlo: un trend in calo costante della celebrazione dei matrimoni. Nel report, che andrebbe letto integralmente e con attenzione, si legge: “Nel 2013, per la prima volta il numero dei matrimoni scende sotto quota duecentomila. Sono stati infatti celebrati 194.057 matrimoni (13.081 in meno rispetto al 2012). Ancora un forte calo, dunque, in linea con l’accentuarsi della tendenza alla diminuzione in atto dal 2008: circa 53 mila in meno negli ultimi 5 anni (pari a oltre un quinto delle celebrazioni del 2008). A diminuire sono soprattutto le prime nozze tra sposi di cittadinanza italiana: 145.571 celebrazioni nel 2013, oltre 40 mila in meno negli ultimi cinque anni. Questa differenza spiega da sola il 77% della diminuzione osservata per il totale dei matrimoni nel 2008-2013”. Inoltre aggiunge: “Nel 2013 sono state celebrate con rito religioso 111.545 nozze, oltre 44 mila in meno negli ultimi 5 anni (-29%). I matrimoni celebrati con il solo rito civile sono scesi a 82.512 (-9%); la loro quota sul totale raggiunge il 42,5% del 2013, dal 36,8 del 2008. Sia al Nord (55%) che al Centro (51%) i matrimoni con rito civile superano quelli religiosi. L’aumento dei matrimoni celebrati con rito civile riguarda sempre più anche i primi matrimoni di coppie italiane, passati dal 20% del 2008 al 27,3% del 2013”. Ma la frase che ci coinvolge di più è la seguente: “Il forte calo dei matrimoni osservato a partire dal 2008 è generalizzato sul territorio, sebbene siano ravvisabili alcune specificità. Si registra un drastico calo in Sardegna e Umbria”. Il trend discendente subisce un’importante accelerazione, addirittura quasi cinque volte più rapido rispetto agli anni ‘70. Perché? Il report analizza approfonditamente le ragioni, qui ne riportiamo solo una sintesi: 1. “La diminuzione dei primi matrimoni è dovuta in parte a un “effetto struttura”; la contrazione delle nascite, che dalla metà degli anni ‘70 e per oltre 30 anni ha interessato l’Italia, ha infatti determinato una netta riduzione della popolazione nella fascia di età compresa tra 16 e 34 anni, in cui le prime unioni sono di gran lunga più frequenti. Nel 2013 i giovani in questa fascia di età sono circa 13 milioni, quasi un milione in meno rispetto al 2008”. 2. “È in atto un accentuarsi del fenomeno del rinvio delle prime nozze ad età più mature. Attualmente gli sposi al primo matrimonio hanno in media 34 anni e le spose 31 (entrambi un anno in più rispetto al 2008)”. Sono in aumento le convivenze prematrimoniali, le quali possono avere un effetto sulla posticipazione delle prime nozze. 3. “La minore propensione a sancire un vincolo è da mettere in relazione in parte con la progressiva diffusione delle unioni di fatto permanenti, che sono raddoppiate dal 2008 superando il milione nel 2012-2013. In particolare, sono proprio le convivenze more uxorio tra partner celibi e nubili a registrare l’incremento più sostenuto, superando il livello di 600.000 nel 2012-2013”. Un neo-nato su quattro ha genitori non coniugati. 4. “Ma è soprattutto la sempre più prolungata permanenza dei giovani nella famiglia di origine a determinare il rinvio delle prime nozze. Nel 2013, vivono nella famiglia di origine il 78,3% dei maschi tra 18 e 30 anni e il 66,7% delle loro coetanee. Particolarmente esplicativo è il caso delle giovani donne: rispetto al 2008 quelle che non hanno ancora lasciato la famiglia di origine sono aumentate di circa 48 mila unità e nel contempo sono diminuite di circa 41 mila le spose alle prime nozze tra 18 e 30 anni”. La prolungata permanenza nella famiglia di origine è dovuta a molteplici fattori: all’aumento della scolarizzazione e all’allungamento dei tempi formativi, alle difficoltà che incontrano i giovani ad entrare nel mondo lavorativo e alla condizione di precarietà di quest’ultimo, alle difficoltà di accesso al mercato delle abitazioni. Tutto ciò contribuisce a ritardare ulteriormente i percorsi verso la vita adulta e tra questi e la formazione di una famiglia. 5. A questo proposito è interessante valutare come è cambiata la propensione al primo matrimonio considerando il livello di istruzione degli sposi, una caratteristica che da un lato è riconducibile allo status socio-economico e dall’altro è associata a comportamenti differenziali in merito alle modalità di formazione della famiglia. “Confrontando i tassi di primo-nuzialità rispettivamente degli sposi e delle spose con basso livello di istruzione (fino alla licenza media) e di quelli con livello medio-alto si conferma una riduzione generalizzata della propensione a sposarsi. La flessione è, tuttavia, più accentuata per gli sposi e le spose con basso livello di istruzione”. Altri capitoli (le seconde nozze, nozze con coniuge straniero, ecc.) meriterebbero di essere analizzati. Per il momento prendiamo atto che il cuore verde d’Italia brucia e noi…
GIOVANNI ZAMPA