Non è reato, solo (mal)costume
La raccomandazione partì, ma la prova del reato non risulta. La vicenda è nota: l’ex-Presidente della Regione Maria Rita Lorenzetti telefona all’amica professoressa Gaia Grossi e la professoressa telefona all’ex-Rettore Francesco Bistoni affinché questi interceda sulla professoressa di Patologia generale. Oggetto delle telefonate: la spintarella da dare ad uno studente di odontoiatria perché possa superare tranquillamente l’ultimo esame. Dichiarando il Rettore di non aver dato corso all’intercessione, il giudice archivia il tutto perché manca la prova che l’accordo sia stato perfezionato e che lo studente abbia superato in maniera indebita l’esame. Insomma, non ogni successione constatabile (prima c’è una raccomandazione e poi c’è un superamento dell’esame a pieni voti), implica una causalità verificabile (che “la raccomandazione partita dalla Lorenzetti abbia avuto un’efficacia diretta”). Questo principio fondamentale per l’empirismo moderno vale a fortiori nell’ambito del diritto penale. Resta però il (mal)costume di un “contegno deplorevole” in una vicenda “scomoda e imbarazzante”: parole del Pubblico Ministero. Prossimamente i giudici di Perugia dovranno pronunciarsi anche sulla “Sanitopoli” folignate e dire se ci sono stati comportamenti illeciti, o semplici raccomandazioni e favori senza nessuna irregolarità. Certo è che le telefonate allora intercettate e gli esami dei computer effettuati ci hanno mostrato un sottobosco di appoggi, di raccomandazioni, di richieste di favori per compagni di partito, amici e parenti che, anche per il linguaggio disinvolto o spregiudicato dei protagonisti, la dicono lunga sul costume politico della “casta” di casa nostra. Assunzioni pilotate, pressioni per appalti, interventi sulla gestione dei concorsi, domande e suppliche archiviate come “marchette”… Gli esempi sono innumerevoli e qualcuno fa anche ridere. Tra questi: il politico che vuole un posto per la moglie e il primario che fa altrettanto per salvare il suo matrimonio; Tizio che vuole sapere prima i quesiti del concorso e Caio che domanda un subappalto per l’aeroporto o una convenzione con uno studio odontotecnico; non manca neppure il religioso che, a fin di bene, vuole aiutare un bisognoso e c’è persino Massimo D’Alema impossibilitato, per le norme restrittive della Regione, a piazzare i pannelli solari sulla sua fattoria agricola. Niente di nuovo sotto il solo – si dirà -, segnalazioni e raccomandazioni ci sono sempre state e sempre ci saranno. E poi i politici non devono anche aiutare e dare soddisfazione ai loro territori che li votano? Il fatto è che oggi la misura è colma. Avere assecondato clientele, raccomandati e fedelissimi, in barba al merito e alle capacità, ha finito col danneggiare la crescita, ritardare il rinnovamento, scoraggiare i giovani meritevoli, favorire il disimpegno. Non c’è politico che non parli oggi – persino nelle scuole – di “sviluppo” e di “innovazione”, di valorizzare “il merito” e di mettere al primo posto “trasparenza” e “legalità”. Ma i guai giudiziari e gli illeciti contestati a troppi di loro ci dicono che il tempo dei predicatori dell’avvento è forse scaduto.
ANTONIO NIZZI