Cristiani in Medio Oriente: quale futuro?
Fr. Oswaldo Curuchich lo ha chiesto al Vescovo libanese Mons. Mounir Khairallah da anni in rapporto di amicizia con la nostra diocesi
La difficile situazione dei cristiani in Medio Oriente torna in prima pagina nella stampa, soprattutto dopo il fallimento della cosiddetta «Primavera araba». I titoli pubblicati negli ultimi due mesi la dicono lunga sulla tragedia vissuta dai cristiani in Medio Oriente: «I cristiani iracheni sono di fronte a una crisi di esistenza»; «La visita dei Patriarchi a Erbil ha permesso loro di essere testimoni diretti dello sradicamento di un popolo». Il patriarca caldeo, sua beatitudine Louis Sako, ha detto che i cristiani sono davanti a «una crisi d’esistenza». Noi, cristiani del Medio Oriente, siamo consapevoli dei pericoli che corriamo. Siamo anche consapevoli del fatto che stiamo pagando il prezzo di una politica sbagliata dell’Occidente o dei cristiani occidentali nei confronti dei loro fratelli dell’Oriente che essi presumono di proteggere.
La Chiesa, che si trova abbandonata più che in qualsiasi altro momento, richiede che i suoi leader reagiscano prima che sia troppo tardi, esercitando la necessaria pressione sulla comunità internazionale, come anche su coloro che controllano il processo decisionale, per trovare soluzioni definitive a questi crimini oltraggiosi. Siamo altrettanto scioccati dalla mancanza di una forte presa di posizione dei musulmani e dei loro capi religiosi, pur consapevoli che le fazioni fondamentaliste costituiscono una minaccia per loro stessi. Facciamo appello, quindi, alla comunità internazionale e alle grandi potenze, che hanno in mano la possibilità di una soluzione. Ci rivolgiamo vivamente alle loro coscienze, affinché rivedano i loro accordi e rivalutino le conseguenze della situazione attuale. I nostri cristiani hanno un bisogno vitale di assistenza umanitaria urgente e di una protezione vera, efficace e di natura permanente, capace di rassicurarli che non ci sarà fine alla loro esistenza.
Il futuro dei cristiani in Medio Oriente dipenderà da quello dei cristiani del Libano. Al di là di queste situazioni critiche, i cristiani d’Oriente tengono gli occhi rivolti al Libano, che rimane per loro la «qibla» (direzione della Mecca, verso la quale si rivolgono gli occhi di tutti i musulmani), la meta e il simbolo di una presenza cristiana attiva ed efficace. I cristiani del Libano sono effettivamente riusciti, nonostante tutte le difficoltà, a vincere la grande sfida: fondare con i loro fratelli musulmani ed ebrei, nei primi anni del XX secolo, uno stato democratico, pluralista e multiconfessionale in cui ognuna delle diciotto comunità – dodici cristiane, cinque musulmane e una ebraica – mantiene la sua specificità e la sua diversità religiosa e culturale nell’unità nazionale.
I cristiani del Libano – come i loro fratelli in altri paesi – hanno pagato un alto prezzo per questa qualificata presenza nel corso dei secoli; non vogliono, in nessun caso e per nessuna ragione, perderne i benefici, oggi. È nostra profonda convinzione. È la nostra missione. Come nei secoli XVII, XIX e XX, siamo stati, nel nostro Medio Oriente, i campioni del Rinascimento – religioso, culturale, politico ed economico – vogliamo essere, nel XXI, i paladini dei diritti dell’uomo, i referenti della convivialità nella libertà e nel rispetto delle diversità e i promotori della cultura, del dialogo, del perdono e della pace. Non sono i nostri dati demografici che contano, né la nostra potenza militare, ma piuttosto la qualità della nostra presenza a servire i nostri fratelli e la nostra capacità di amarli. Quindi dobbiamo cambiare la nostra strategia, vale a dire superare la psicosi della paura e uscire da qualsiasi posizione difensiva per testimoniare di Gesù Cristo, Dio fattosi uomo per amore degli uomini, crocifisso e morto per salvare tutti gli uomini. Noi siamo qui, e qui rimarremo, impegnati nella nostra missione, lievito nella pasta del Medio Oriente, in costante ricerca di pace giusta e duratura. Questo è il nostro futuro.
Fr. Oswaldo Curuchich