Dio? Dimostra grande capacità di adattamento…
Meditazione di p.Vittorio Viola o.f.m. sulla partecipazione alla Liturgia
Quella tenuta nella Solennità della Santissima Trinità da p. Vittorio Viola o.f.m., direttore dell’Ufficio liturgico regionale e professore presso l’Istituto di Liturgia S. Anselmo di Roma, doveva essere una conferenza, una meditazione sul tema della partecipazione dei fedeli alla Liturgia. È stata invece una testimonianza intensa e toccante, che ha tenuto incollato alle sedie della sala conferenze del Monastero di Sant’Anna un nutrito e motivato gruppo di fedeli della Chiesa di Foligno. Una testimonianza, più che una lezione (e comunque sarebbe magistrale), che dice la differenza tra il sapere e il conoscere, tra il dire e il vivere. Dopo avere spiegato che partecipare ai sacramenti è molto più del privilegio che ebbero gli apostoli a cui apparve il risorto e che è proprio questa la ragione del distacco che abbiamo celebrato con l’Ascensione, la possibilità di avere la presenza piena di Lui in noi attraverso l’azione dello Spirito, p. Viola ha raccontato il “metodo di Dio”, la sua infinita pazienza, il muoversi sul piano delle cose reali più che delle spiegazioni sapienziali, l’utilizzare ingredienti di cucina (pane, vino, olio) anziché materiale da sacrestia. In modo garbato, quasi timido, p. Viola (in fondo è quello che faceva Gesù) ha spostato il senso della domanda che gli era stata posta: come possiamo infatti pensare di partecipare, se non comprendiamo a che cosa stiamo prendendo parte? Nella celebrazione (è una delle affermazioni pronunciate sottovoce, ma che ho ascoltato come un grido) continua l’incarnazione. Lì c’è l’irrompere di Dio nella nostra immanenza. Partecipare, cioè esserne parte, non vuol dire fare qualcosa, ma farsi docili all’azione dello Spirito, che viene a respirare in noi. Dio dimostra grande capacità di adattamento, rendendosi presente anche quando celebriamo maldestramente e perfino con sciatteria. Siamo noi che, pur essendo presenti, spesso non prendiamo parte. Da dove cominciare allora? Dal canto? Dai lettori? Dai gesti? Dai paramenti? Forse dal silenzio, che dice l’azione dello Spirito, quello Spirito che in noi riconosce il peccato, svela il senso delle Scritture, porge al Padre la nostra preghiera, ci rende un corpo solo nell’Eucaristia. Il silenzio (“epiclesi dello Spirito”, come ha ricordato il Vescovo Gualtiero al termine dell’incontro) è forse la prima forma di partecipazione. Ci sarebbe piaciuta una risposta più semplice, un libro da studiare, delle regole da imparare. Ma questo è il metodo di Dio. E non cambia.
© Gazzetta di Foligno – VILLELMO BARTOLINI