Con gli euro-fiduciosi
Il 25 maggio si vota per il Parlamento europeo, ma di Europa si discute poco. Ne parlano solo quanti ne dicono male, magari per chiedere l’uscita del Paese dall’euro: richiesta fuorviante, anacronistica e – a parte la fattibilità, a livello costituzionale, di un tale referendum – disastrosa per l’Italia. L’impressione è che stia circolando un’aria di diffidenza e di sfiducia. Forse anche di superficialità: pochi sanno, ad esempio, che l’Italia, per sue proprie deficienze burocratiche e organizzative, non è stata in grado di usufruire del 48% delle risorse finanziarie ad essa destinate. La cultura politica della Gazzetta, dagli anni di De Gasperi in poi, ha sempre visto l’Unione Europea come la prospettiva e la speranza dell’Italia. Per questo ci sentiamo distanti dalla carica degli euroscettici – grillini, leghisti e, in misura più sfumata, Fratelli d’Italia e persino Forza Italia – ammaestrati anche dal secolo scorso, dove il “tanto peggio” non si è mai trasformato nel “tanto meglio”. Per questo diciamo che la crisi attuale non si risolve per via autarchica, uscendo dall’euro, ma modificando e rafforzando sia l’Europa sia l’euro, correggendone le dinamiche a partire dai cosiddetti “vincoli” di rigore e di austerità, prevalsi in questi anni, e, naturalmente, eleggendo candidati di grande competenza, capaci di rappresentare bene le attese dell’Italia negli organismi europei. Attese riformatrici, non populismi o critiche umorali agli establishment nazionali ed europei, che cavalcano le inquietudini e le paure dei cittadini per la crisi economica. Serve un’altra Europa, che ritorni allo spirito dei fondatori: l’Europa dei cittadini e dei popoli – a partire dai loro problemi drammatici, come i ventisette milioni di persone senza lavoro e i centoventi milioni che vivono attorno alla soglia di povertà – e non solo della tecnocrazia. Occorre superare la divaricazione tra Paesi ricchi e Paesi in difficoltà. Nel Parlamento europeo uscente – vale la pena ricordare qui che la responsabilità principale della tanto contestata politica di austerità è dovuta alla maggioranza conservatrice di centro-destra – ci sono, tra gli altri, 274 deputati del Ppe, 194 Socialisti, 85 aderenti all’Alde (Alleanza dei democratici e dei liberali per l’Europa), 58 Verdi, ecc. Questa volta la vera incognita è rappresentata dai partiti euroscettici, i Conservatori e i Riformisti, e il Gruppo Europa della Libertà e Democrazia (EFD), dove sta anche la Lega. C’è poi l’Alleanza Europea per la Libertà (Eaf) della destra di Le Pen, che guarda con molto interesse alle recitazioni di Grillo. Contro l’euro resta anche il gruppo della Sinistra comunista e alternativa. Ma la deriva populista ed estremista non è inevitabile in Europa e in Italia, se le forze sinceramente europeiste sapranno offrire alternative credibili e concrete. L’esito elettorale delle europee segnerà le future scelte dell’Unione e avrà ricadute notevoli sulle politiche interne degli Stati membri. La sfida è grande – lavoro, crescita, sostenibilità ambientale, tutela dei diritti e doveri di solidarietà, libertà economica e stato sociale – ma gli euro-fiduciosi possono vincerla.
© Gazzetta di Foligno – ANTONIO NIZZI