Amatillo

Il bollito misto di “Amatillo”

AmatilloQuando Francesco sottrasse una stoffa al padre mercante, impiegando il ricavato per restaurare la chiesa di San Damiano, dove poteva venderla, se non a Foligno? La piazza di Foligno era il luogo strategico per antonomasia, dove i commercianti facevano ottimi affari. La prerogativa di fiorente crocevia, favorita dall’industriosità della sua gente, doveva essere ben nota ad Angiolino Balzarini, che insieme a sua moglie Adriana Proietti, nel 1952 aprì il “Ristorante Centrale Amatillo”, in piazza Duomo 4. Quel ristorante fu una delle testimonianze più genuine della città che si andava sviluppando e che non soffriva la disoccupazione. La cucina di Amatillo era saporitissima, policroma, sapiente, ma rusticana. Il menù della casa vantava piatti tradizionali ai quali troppo in fretta la nostra gastronomia ha deciso di rinunciare, in favore di piattini molto eleganti, ma piuttosto risicati. Insomma, da Amatillo si potevano gustare i piatti popolari della domenica, proposti però in maniera accurata tutti i santi giorni. La gente non andava continuamente al ristorante, anche se l’economia non la faceva sul mangiare, consapevole, anche se non in latino, che primum vivere, deinde philosophari. Per i rappresentanti di commercio, invece, a Foligno era sempre domenica. All’ora di pranzo i commessi viaggiatori che proponevano le stoffe a Moretti, le scarpe a  Perugini, i chiodi a Dolci, le spezie a Massatani; così come i militari in libera uscita e gli ispettori delle poste o i funzionari delle ferrovie, si ritrovavano davanti ad un fumante piatto di bollito misto. Questa abitudine alimentare, da buon lombardo, l’importò a Foligno Angiolino, che spingendo il carrello cigolante, nel servirlo, diceva: – “‘sta lingua qui non ha mai parlato male di nessuno”. Lo storico ristorante costituì l’eredità in favore di Adriana Proietti da parte del padre Amatillo, originario di Laufenburg, nella Svizzera tedesca. Nel 1914, Amatillo per volontà del governo svizzero, fu costretto a lasciare casa e bottega, trasferendosi definitivamente in Umbria, dove nel 1922 aprì una trattoria in via XX settembre che in seguito, nel 1948, si trasferì nei locali di piazza Duomo numero 2. La figlia di Amatillo e suo genero Angiolino, all’epoca dirigente della Macchi, decisero di esagerare, ampliando l’impresa. Si spostarono due numeri più in là, dando vita al “Nuovo Ristorante Centrale Amatillo”, che proseguì la sua attività fino al 22 gennaio 1977. La cucina di Amatillo, pur sempre basata su pietanze popolari, sedusse anche i palatucci più difficili della schifiltosa clientela dei divi del cinema e di un sovrano in esilio, Faruq I d’Egitto, che in seguito alla rivoluzione del 1952 fu confinato, poveretto, nei ritrovi della Dolce Vita romana. Quel luogo di delizia del bollito fu lo specchio di una Foligno che non c’è più: ricca, vitale, industriosa e di bocca buona. Chissà cosa riflettono oggi, invece, i localucci bolliti del centro?

© Gazzetta di Foligno – FRANCESCA FELICETTI

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