Quaresima, tempo di conversione… missionaria
Quaresima, tempo di conversione… missionaria
La liturgia ci ricorda che la Quaresima è “segno sacramentale della nostra conversione”, cioè tempo favorevole per prendere in esame il nostro cammino verificando, con l’aiuto delle indicazioni forniteci dalla Scrittura, se stiamo procedendo nella giusta direzione, mettendoci alla sequela di Cristo. Questo è valido per ognuno di noi. Ma come può la Chiesa, l’intera comunità cristiana, entrare nella Quaresima e compiere il suo cammino di conversione? Ha risposto a questa domanda il Vescovo, Mons. Gualtiero Sigismondi, con la catechesi che ha tenuto in cattedrale durante la Veglia di Quaresima, lo scorso venerdì 14 marzo.
La conversione che la Chiesa deve sperimentare – questo è anche il cuore dell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium di Papa Francesco – “si applica alla vita pastorale ed esprime l’urgenza della missione”. A partire dalla parabola del grande banchetto, il Vescovo ha ricordato come, per “spingere ad entrare” al banchetto tutti gli uomini, il Signore raccomandi al suo servo di “uscire”, proponendo quindi alla Chiesa un “costante atteggiamento di uscita”, un “assetto di missione permanente”. Con la veglia di Quaresima di quest’anno, il Vescovo Gualtiero ha indicato alla sua Chiesa una serie di passi da compiere nell’itinerario di conversione: innanzitutto, riconoscersi come popolo di poveri bisognoso di perdono, cercare la gloria del Signore anziché la gloria umana (è questa la “mondanità spirituale”), esplorare le frontiere e la notte in cui tanti fratelli sono persi. Inoltre, la Chiesa deve crescere nella consapevolezza di essere “la casa di tutti”, senza cedere a tentazioni rigoriste o lassiste, perché le prime “inchiodano il peccatore alla freddezza della legge” e le seconde “addormentano la coscienza del peccato”: nel cuore di ogni uomo, infatti, c’è un “bisogno di Vangelo” che la Chiesa deve riconoscere, affascinando il mondo con la bellezza dell’amore e contagiandolo con la vera libertà donata dal Vangelo, da testimoniare in maniera sempre più semplice e coerente.
Per “vivere una stagione evangelizzatrice più fervorosa e gioiosa, più generosa e contagiosa”, la Chiesa deve sentire il “desiderio di comunicare il Signore”, facendolo giungere fino alle situazioni concrete della vita di ogni uomo. Questo non è possibile senza aver trovato nella preghiera e nell’ascolto della Parola adeguati mezzi pastorali e senza aver sperimentato la “sinodalità” che, senza omologare le differenze spingendole all’unanimità, le mette l’una a servizio dell’altra perseguendo la convergenza.
La Chiesa – ha concluso il Vescovo – deve avere “memoria del futuro”, perché può vedere lontano solo interrogando la tradizione degli Apostoli.
© Gazzetta di Foligno – FABIO MASSIMO MATTONI