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Immaginazione e realtà: la storia di Angela

Chiudete gli occhi e provate a immaginare: è una ragazza rumena, vent’anni, bella, colta e intelligente. Fatto? Cosa avete immaginato? Vediamo se la vostra immaginazione corrisponde alla realtà. La ragazza che ho conosciuto io, la chiameremo Angela, potrebbe essere diversa da come ve l’aspettate.
Angela proviene da una cittadina vicino Bucarest, è in Italia da nove anni e vive in un paesino nei dintorni di Foligno con la madre e la sorella. Quando si è trasferita qui da noi, la piccola Angela gioiva all’idea di questo viaggio. La mamma era già lontana da quattro anni, si trovava in Italia per lavorare e ora aveva deciso di portare accanto a sé anche le due bambine: per Angela era la grande occasione per starle vicina, per vedere riunita la famiglia. Le brillano gli occhi quando mi racconta le attese che aveva per questa nuova vita, le speranze del viaggio in macchina, lungo ventiquattro ore, il primo incontro con il paesaggio italiano, bellissimo, e poi finalmente la strada di casa, con i fiori, gli alberi, un sogno. Un sogno che a poco a poco si è trasformato in una pena sottile, in una monotona routine: una casa troppo grande (“Qui le case sono enormi”, mi dice), in un posto sperduto dove sta sempre sola. La mamma lavora e lei si annoia; guarda poca TV, legge poco, si vergogna di entrare in confidenza con i vicini. Le chiedo se si è pentita e lei mi dice di no, che in Romania sarebbe stato peggio, ci sono meno prospettive per il futuro e meno occasioni per il lavoro. Ma poi mi comincia a raccontare di questa Romania rimasta nei suoi ricordi dell’infanzia e il suo sguardo di nuovo si illumina: nel suo paese i bambini stanno fuori a giocare fino a sera, tutti insieme, e anche per andare a scuola ci si aspetta per fare la strada tutti in compagnia. “Non c’erano per noi videogiochi o internet, i giocattoli erano pochi, si giocava con quello che si trovava”. Le chiedo come le sono sembrati i suoi coetanei italiani al confronto con quelli che aveva lasciato al suo Paese. “Mi hanno dato l’impressione di essere più infantili, più protetti dalle famiglie”. Mi faccio allora raccontare del suo ingresso nella scuola italiana, di come si è inserita. Dopo i primi tre mesi passati senza capire una parola, Angela ha trovato il coraggio di buttarsi, di provare a parlare, e a poco a poco è stata in grado di esprimersi bene nella nostra lingua, tanto da accumulare successi scolastici e da diventare la più brava della classe. I suoi insegnanti la lodavano, mentre i compagni cominciavano a invidiarla. Soprattutto le ragazze, che la isolavano, rivolgendole la parola solo quando era necessario. Con i maschi era più facile, perché risultavano più spontanei e sinceri. Le cose sono cominciate a migliorare quando nella sua classe è arrivata una ragazza dell’Ecuador, che aveva bisogno di lei. Angela parla bene lo spagnolo (lo ha imparato in Italia, alla scuola media) e così poteva dedicarsi a questa nuova compagna, aiutandola con i compiti. In generale però il suo rapporto con i coetanei è sempre un po’ difficile qui in Italia: lei si sente diversa, più matura di loro. Non la attirano tante sciocchezze, le esperienze oltre i limiti, ha delle regole che non le interessa trasgredire, anche se gli altri la prendono in giro. E mi spiega che le regole derivano dalla sua educazione, ricevuta sia in famiglia che in chiesa. Le chiedo allora del suo rapporto con la fede. Mi racconta che appartiene alla Chiesa cristiana evangelica e fa parte di un gruppo di giovani che ogni sabato si riuniscono a Spoleto per le prove di canto e soprattutto per gli studi biblici. Ogni settimana affrontano un tema diverso e lo studiano sulle Scritture, i maschi in particolare si allenano per diventare predicatori e ogni sette settimane presentano il frutto dei loro studi agli adulti, mentre la domenica pomeriggio si incontrano per lodare Dio. È all’interno di questo gruppo e della sua fede che vorrebbe trovare l’uomo della sua vita. Lei ha già avuto dei fidanzati, ma non li ha mai baciati perché vuole farsi rispettare. I ragazzi della sua confessione religiosa si sposano presto, non cercano la convivenza prima del matrimonio, e mi dice che questa regola per loro è sacrosanta. Non si fidanzerebbe con un ragazzo italiano perché la diversità di fede religiosa renderebbe impossibile la comprensione; certo, lei desidera una vita migliore, ma deve essere quella della fede, senza alcool e senza certe presunte libertà, che a volte fanno solo soffrire. Le regole da rispettare non le danno fastidio, lei si sente libera. Quando le chiedo come le sembrano le ragazze della sua età che ha intorno, come giudica il modo in cui affrontano le proprie scelte di vita, e come le sue coetanee italiane giudicano lei, capisco che lei si sente strana rispetto alla maggioranza delle sue compagne, che le verrebbe di dire che sono un po’ frivole, leggere, ma subito si pente di aver giudicato, perché l’uomo è fragile e può cadere. Ognuno trova la propria strada da solo. “Ma la vita è breve”, aggiunge, “è solo un passaggio verso l’eternità. Perché sprecarla?”.
“Perché sprecarla in inutili pregiudizi?”, aggiungerei io. La storia di Angela mi ha colpito, tanto. Perché è la storia di una brava ragazza, una ragazza pulita che viene da un Paese lontano, che viene dal nostro passato, e intanto appartiene al nostro futuro. Era proprio così la ragazza che avevate immaginato?

© Gazzetta di Foligno – Stefania Meniconi

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