vuoto2

Sembra quasi d’oro la prima Repubblica

Con le parole della Lettera VII di Platone si potrebbe dire che l’epilogo del ventennio berlusconiano – per quanto riguarda il costume politico e l’etica pubblica, perché di questo parliamo qui e non di altro – ha fatto sembrare d’oro i governi precedenti della prima Repubblica, di cui il 1994 aveva annunciato i funerali. È presto per i giudizi storici, ma si ha l’impressione che all’epoca degli statisti giganti sia subentrata quella dei nani. Non furono giganti i vari De Gasperi, Fanfani, Moro, La Malfa, Nenni, Berlinguer? E furono mai fatti risolini internazionali alle febbrili attività per la pace di un La Pira, o al dinamismo imprenditoriale di un Enrico Mattei? E ce lo immaginiamo il Presidente della Repubblica Leone che lascia la carica inveendo contro lo Stato di diritto e parlando di attentato alla democrazia? Eppure, anni dopo, uscirà a testa alta dall’intera vicenda. E i democristiani finiti in tribunale – dal misurato Andreotti, che riuscì a limitare i danni, al tremolante Forlani, che finì ai servizi sociali – rispettarono le sentenze o mobilitarono la piazza imprecando contro il corso della giustizia? Ma allora cosa è cambiato in questi vent’anni per essere arrivati a tanto sbriciolamento dell’etica pubblica? Semplicemente si è affermata una visione illiberale dello Stato e della politica, che, fondandosi su una concezione permissiva della libertà, svincolata dal principio di responsabilità e insofferente nei riguardi del principio di legalità, ha finito con l’ignorare o calpestare i due principi liberali fondamentali: la divisione dei poteri e del potere, il riconoscimento di uno scarto radicale tra verità e consenso. Non a caso il berlusconismo ha faticato a concepire l’idea che, in una democrazia liberale, sono necessari forti controlli e contrappesi all’investitura maggioritaria dell’esecutivo, insieme ad efficaci strumenti per contrastare la concentrazione nelle stesse mani del potere politico, economico, mediatico-culturale. In questo atteggiamento risiede la manifestazione del suo carattere tendenzialmente illiberale. Vent’anni fa la discesa in campo del cavaliere profetizzava una modernizzazione liberale del paese; ci ritroviamo oggi a fare i conti con un costume politico in cui la concezione permissiva della libertà è strutturalmente esposta ad una tentazione illiberale. Il permissivismo, infatti, nutre costitutivamente una vena autoritaria. Sta qui la differenza tra i giganti e i nani: la prima Repubblica, nonostante limiti e difetti, nonostante la sovranità limitata dai blocchi contrapposti della guerra fredda, ha avuto grandi uomini capaci di salvaguardare, anche con il sacrificio estremo della vita, la libertà dalle tentazioni illiberali e populiste; la seconda, figlia del consumismo e dell’individualismo – che il berlusconismo ha sovvenzionato e il relativismo culturale di sinistra non ha riformato -, ne ha avuti ben pochi. L’etica pubblica non è valore che si improvvisa ed esige un costante e convinto processo educativo. Educazione che i nani della politica del ventennio non hanno trasmesso. Ce la faremo – destra e sinistra – a recuperare il tempo perduto?

© Gazzetta di Foligno – ANTONIO NIZZI

0 shares

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Skip to content