Baby prostitute: dove abbiamo sbagliato?
Ragazzine spregiudicate e uomini maturi spogli di qualsivoglia moralità sono sempre stati nella cronaca. Oggi però fa tristezza il numero delle vittime della prostituzione minorile e degli adescamenti on-line. Ragazzi fragili e genitori assenti. Non si tratta di puntare il dito verso un’adolescenza “depravata”, quanto di riflettere sulla preoccupante incapacità educativa degli adulti. Certi fenomeni trasgressivi tra adulti e minorenni sono sempre esistiti, ma oggi vengono tollerati con disinvoltura, se non esaltati come atteggiamenti alla moda e di successo. A suggestionare atteggiamenti e persone – la cui maturità psico-sessuale, data l’età, o è ancora in formazione, o risulta ormai penosamente compromessa – ci pensa poi il martellamento di immagini per ogni gusto da parte dei media e della rete. La prostituzione minorile è un fenomeno sommerso che solo da poco è entrato sotto i riflettori, nel tentativo, non facile, di decifrare i disagi sociali e le fragilità educative quali principali fattori di rischio. Ma noi adulti in che cosa stiamo sbagliando con i nostri ragazzi? Cosa dovremmo loro dare e insegnare? Cosa chiedere e pretendere, che non abbiamo chiesto e preteso? La libertà sessuale l’ha prodotta la nostra generazione e con essa la sessualizzazione precoce: ma perché abbiamo finito con il lasciar perdere qualsiasi forma di educazione alla sessualità e ai sentimenti, a parte le informazioni su come evitare gravidanze indesiderate? E che specie di libertà abbiamo trasmesso ai ragazzi, se tutte le relazioni le abbiamo ridotte a cose, a possesso, e non abbiamo lasciato fra persona e persona altro vincolo che “il freddo pagamento in contanti”? In questi giorni la TV – sempre a servizio della curiosità morbosa e pettegola dei telespettatori, che sapientemente ricerca e provoca -, informa con dovizia di particolari sul caso delle “baby squillo” di Roma e delle “studentesse doccia” di Milano, ma forse farebbe meglio a riflettere anche sulle proprie responsabilità nel modellare le mentalità, i valori e gli stili di vita, non sempre di segno positivo, delle nuove generazioni. Farebbe anche meglio a mettere gli adulti di fronte alle loro responsabilità, perché è dura la condizione giovanile in una società sempre più anziana e sterile, che marginalizza i giovani o li adopera per i propri comodi. Gli anziani crescono, i giovani scarseggiano e la scarsità li rende un bene più attraente: a volte da proteggere, trattenendoli il più possibile nella bambagia, altre volte da sfruttare, più o meno consapevolmente, in funzione dei “diritti acquisiti” dagli adulti sempre più anziani. I giovani sono diventati il paradigma della flessibilità. E noi adulti li stiamo plasmando attraverso una formazione fluida. L’educazione molle, però, non favorisce lo sviluppo dalla vita infantile a quella adulta, perché – gli psicologi insegnano – la maturazione non avanza tra la bambagia del consumismo, ma superando ostacoli nel soddisfacimento dei bisogni e dei desideri. Lotta e conquista fanno parte di tutti i riti di iniziazione. Sono il pedaggio da pagare per diventare adulti, senza sconto per nessuno.
© Gazzetta di Foligno – ANTONIO NIZZI