Giuseppina Biviglia

Suora folignate “Giusto tra le nazioni”

Madre Giuseppina Biviglia era nata a Serrone nel 1897

Giuseppina BivigliaUn altro nome si aggiunge alla lista degli umbri che salvarono gli Ebrei tra il 1943 e il 1945 anche a rischio della loro vita. Dopo il Vescovo di Assisi Giuseppe Nicolini e i suoi collaboratori – Don Aldo Brunacci, Padre Ruffino Nicacci, il tipografo Luigi Brizi e il figlio Trento -, dopo Don Federico Vincenti di Perugia e Mons. Beniamino Schivo di Città di Castello, ora sarà Madre Giuseppina Biviglia (Foligno 1897- Assisi 1991) a ricevere il titolo di “giusto tra le nazioni”, conferitole dallo Yad Vashem di Gerusalemme. La cerimonia di consegna dovrebbe avvenire prossimamente presso il Museo della Memoria di Assisi. Nativa di Serrone, paesino collinare lungo la valle folignate del Menotre, Giuseppina entrò monastero di San Quirico di Assisi nel 1922 come insegnante alla lavorazione delle tele elettriche, lavoro che permetteva il sostentamento della comunità. Nel 1927 fece la professione solenne. Guidò la comunità come madre abbadessa dal 1942 al 1948 e in tale veste, durante la guerra, si prodigò a salvare numerosi Ebrei. Lo racconta lei stessa nel libro delle memorie del monastero (che madre Giuseppina guidò ancora dal 1964 al 1970). Ecco le sue parole:

“Mentre fino dal settembre 1943 s’intensificava l’offesa aerea anglo-americana sull’Italia con somma sorpresa di tutti, mentre in patria rincrudivano persecuzioni politiche, vendette personali e ordini odiosi venivano spiccati contro Ebrei e soldati ligi allo spirito dell’armistizio, i nostri Istituti divenivano luogo di rifugio agli sbandati, ai perseguitati politici, ai fuggitivi, agli Ebrei, agli evasi dai campi di concentramento. Ne ebbe la sua parte il nostro Monastero. Superfluo dire che incapaci noi stesse di capire quanto avveniva in tanta confusione, si obbediva solo a un sentimento che sorgeva spontaneo di volta in volta che si presentavano dei disgraziati: davanti al dolore di ciascuno avrebbe taciuto ogni velleità di giudizio, anche se avessimo saputo darne uno: la pietà avrebbe in ogni caso trionfato come trionfò. E trionfò per amor di Dio e del prossimo: il Primo dava l’impulso ad aiutare il debole; il secondo quasi sempre innocente viveva in quei giorni sotto l’incubo degli arresti, dei campi di concentramento, della fucilazione e peggio! Devo dire tuttavia che qualche volta opposi un po’ di resistenza all’accettazione di queste persone sentendo tutta la responsabilità della mia posizione di fronte alla Comunità e temendone per questa qualche conseguenza: ma in quei momenti fui sempre incoraggiata dal nostro Venerato Superiore, da altri Sacerdoti e dalle mie stesse Consorelle ad agire in favore di quei poveretti. Le persone che si rifugiavano da noi furono, per grazia di Dio, nei nostri riguardi tutte oneste, rette, buone, e anche religiose, tanto i cattolici quanto gli Ebrei. Venne qualche fascista durante il Governo Badoglio e dopo l’entrata degli Americani; qualche socialista in certi momenti di pericolo durante la Repubblica Sociale. Subito dopo l’8 settembre avemmo ufficiali e soldati del R. Esercito ligi al giuramento costituzionale, e poco più tardi un folto numero di Ebrei (era proprio un’arca di Noè).”

La memoria dei Giusti va tenuta alta come memoria del bene. Grande è il loro insegnamento: quando il male è stato sancito per legge, alcuni uomini e alcune donne hanno avuto la forza di porsi al di fuori dello spirito del loro tempo, di agire in solitudine, di salvare il mondo nel loro spazio di competenza. È un appello ad assumerci tutti la responsabilità morale di fronte agli avvenimenti, perché c’è sempre un qualcosa che, in coscienza, non possiamo fare.

© Gazzetta di Foligno – Antonio Nizzi

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