La rete strappata
Le tante storie della vicenda Lorenzetti
Dentro alla vicenda giudiziaria della ex-Presidente della Regione Umbria Maria Rita Lorenzetti, rinviata a giudizio nell’inchiesta denominata “Sanitopoli” e ora agli arresti domiciliari accusata di corruzione, associazione per delinquere, abuso d’ufficio e traffico di rifiuti dai magistrati fiorentini che indagano su alcuni appalti della TAV, ci sono molte storie.
C’è innanzi tutto la storia di una città, Foligno, che ha visto per molti anni prima nel Sindaco, poi nella parlamentare e infine nella Presidente della Regione e quindi di Italferr (società pubblica di ingegneria ferroviaria) un imprescindibile punto di riferimento politico e istituzionale. Il potere non è qualcosa che si misura con gli incarichi. È piuttosto la capacità di influenzare, attraverso reti di relazioni che dalla politica si estendono all’economia, allo sport, alla cultura (e anche alla Chiesa), le scelte dalle quali dipendono benefici per singoli o gruppi. La città di Foligno ha sempre visto in Maria Rita Lorenzetti uno di questi “nodi” del potere e ha pensato, a torto o a ragione, di potersene giovare. La sua mancanza metterà forse in crisi alcuni, la rete è ormai strappata.
C’è quindi la storia di un partito, il PD, che in Umbria ha soprattutto i cromosomi del nonno PC e del papà DS (pardon, genitore). Lo scambio di convenevoli (la lettera di solidarietà del partito e l’auto-sospensione dell’indagata) non può bastare a guarire la ferita di un organismo che sanguina in uno dei suoi membri più attivi e rappresentativi degli ultimi venti anni. Nemmeno un’assoluzione piena in tutti i procedimenti sarebbe sufficiente a suturare la lacerazione, perché i fatti che raccontano le carte, reati oppure no lo valuteranno i giudici, segnalano l’esaurimento di quella spinta idealista che negli anni Settanta aveva animato i primi passi politici della generazione alla quale la Lorenzetti appartiene. L’immagine del partito che ne emerge, rafforzata da vicende che non riguardano strettamente il nostro territorio (Unipol e Montepaschi), non è quella della gioiosa macchina elettorale che Veltroni aveva immaginato sul modello Clinton e Democratici, quanto quella di un apparato ben organizzato, preoccupato più che altro di conservare e gestire la fetta di potere e di economia che si è a fatica conquistata.
Nella vicenda giudiziaria di Maria Rita Lorenzetti c’è infine la storia dell’Italia, quel paese dove si diventa manager pubblici per investitura politica anziché per titolo di studio o meriti lavorativi e dove gli imprenditori “corrompono” per poter avere in tempi ragionevoli i pagamenti per le opere prestate (sarebbe questa una delle accuse contenute nell’ordinanza di custodia cautelare). C’è insomma la storia, antica come il mondo, che per sopravvivere bisogna farsi amici dei potenti.
Tante storie… che possono rischiare di farci dimenticare la prima, quella di una donna privata della propria libertà. È una condizione per la quale il Vangelo non richiede di indagare sulla “colpa”, ma solo di dimostrare vicinanza. Come verso chiunque si trovi in una condizione di bisogno. A tutti coloro che hanno perso la libertà, bene preziosissimo, auguriamo di riacquistarla presto ricordando che ogni sofferenza, perfino quella inflitta ingiustamente, può contribuire a renderci persone migliori. Fossi un prete direi “a convertirci”.
© Gazzetta di Foligno – VILLELMO BARTOLINI