I primi cinque anni del Vescovo Gualtiero
Sono anni di rinnovamento per la chiesa di Foligno. Rinnovamento atteso, dopo il Sinodo diocesano di mons. Benedetti. Anche noi ce ne siamo fatti interpreti sulla Gazzetta cinque anni fa, scrivendo che la diocesi aveva bisogno, dopo la ricostruzione materiale del terremoto e il recupero del passato, di una seconda ricostruzione che aiutasse tutti a capire e a vivere il cristianesimo come religione del nostro futuro. E concludevamo: Cosa chiedere al nuovo Vescovo? Che ci confermi nella fede; una fede celebrata e testimoniata, ma anche pensata e comunicata. Che ci educhi alla Parola come principio per radunare i dispersi. Che ci faccia sperimentare una ecclesiologia di comunione e di partecipazione: una chiesa che sia significante per gli uomini e le donne di oggi e più protesa all’aggiornamento della missione. Oggi constatiamo come il Vescovo Gualtiero abbia messo tutto il suo impegno per passare dalle cose urgenti alle cose essenziali, rifuggendo dalle troppe iniziative prive di iniziativa. Maestro di preghiera e di spiritualità, ha ritenuto che la cura della vita interiore dei fedeli sia la prima attività pastorale e che la testimonianza personale dei credenti abbia una grande efficacia evangelizzatrice. Già nella prima Lettera pastorale ha invitato la Chiesa ad affidarsi alla Parola e ad avere un contato continuo e orante con le Scritture, perché è la forza del Vangelo che fa ringiovanire la Chiesa e continuamente la rinnova. Nella preghiera e nella meditazione infatti le cose confuse riprendono il loro giusto posto, la scala dei valori si riordina, si comprende ciò che conta; si predispongono le tappe, i punti significativi, i cambiamenti necessari di persone, comportamenti e organismi. Ci è sembrato, questo, un tema ricorrente nella predicazione del Vescovo e, ad esso connesso – perché la preghiera è la condizione della concordia e la concordia è il presupposto della Pentecoste -, quello di edificare la Chiesa con il cemento della comunione e della condivisione. Alla Chiesa ha dedicato la seconda Lettera pastorale, mostrandone la realtà con le immagini bibliche, la simbologia dei Padri e l’ecclesiologia del Vaticano II. Della lettera colpisce quella paginetta finale sulle rughe della Chiesa particolare … che non ne diminuiscono la bellezza, ma ne velano lo splendore: ci piace ricordarla qui, perché una caratteristica dell’autore è la sincerità, senza quella tentazione – che tanto nuoce alla Chiesa stessa – di coprire le cose che al suo interno non vanno. Altro scrigno di sapienza teologica in linguaggio poetico sono state le Tracce per l’Anno della Fede. Ma accanto al teologo, abbiamo apprezzato il pastore: la sua capacità di infondere fiducia, di dialogare e di andare al nucleo autentico delle cose. Le Lettere della Visita pastorale sono una bussola per il discernimento della vita ecclesiale. E le scelte fin qui operate – fiducia ai laici in posti di responsabilità, molta Caritas, rinnovamento dei collaboratori, degli organismi diocesani e della Gazzetta, nuovo ruolo del Consiglio pastorale… – rafforzano l’immagine di un pastore coraggioso che tutto può in Colui che gli dà la forza.
© Gazzetta di Foligno – ANTONIO NIZZI