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Nell’atelier di Armando Moriconi

autoscattoIn località Cave di Foligno, nel cuore della provincia, vive e lavora lo scultore Armando Moriconi. Nel suo modesto atelier, quasi rurale, tutto sporco di gesso, disordinato, pieno di attrezzi, di calchi e forme abbozzate, Armando Moriconi pare non sentirsi mai a disagio. In questa atmosfera caotica capita di  inciampare in sculture in corso di lavorazione e di rimanere abbagliati dal candore del marmo bianco statuario con cui vengono realizzate. All’interno dell’atelier sono esposte, sotto qualche strato di polvere, la maggior parte delle sue opere. Ed è proprio quella polvere, per la quale l’artista sembra nutrire un vero e proprio affetto, a rappresentare il segno distintivo del suo lavoro. Moriconi abita ben volentieri nel suo studio, guarda le sculture, le modifica, le riprende e le ritrova. L’insieme delle sue creature compiute e incompiute dà senso al suo lavoro, e racconta di una ricerca e di un processo, che non può essere compreso fino in fondo se non nel caos nel quale viene concepito e trova forma. Alla scultura Moriconi approda da giovanissimo. Dopo aver frequentato l’Accademia delle Belle Arti Pietro Vannucci di Perugia, ai tempi di Edgardo Abbozzo e Bruno Corà, si ritira nel suo giardino insieme al suo fidato scalpello. Marmo bianco statuario, marmo nero del Belgio e marmo rosa di Portogallo sono i materiali d’elezione. Portavoce di uno stile scultoreo fortemente primitivo e istintuale, Moriconi trae ispirazione dall’osservazione della realtà che lo circonda che pure lascia convivere con altre matrici espressive più o meno percepibili, reminiscenze di immagini artistiche. La relazione con il luogo di lavoro è essenziale per questo artista. L’intimità del suo studio, con tutti gli elementi che lo caratterizzano, gli consente di pregustare il metterci le mani, la gioia di manipolare la materia e di inventare le figure e le forme. Le idee sono indubbiamente parte del lavoro, ma senza la confidenza con la materia, il confronto con essa, il fare, disfare, rifare e trovare (magari per errore o per caso), le idee non diventerebbero cose che si possono vedere. Ora la domanda è, il museo e le grandi mostre come fanno a restituire tutto questo? Come può restituire quel sapere di ferri, di disordine che germoglia forme, di intimità che non è possibile ricostruire o tradurre senza snaturare quel procedimento che è la sostanza delle arti? Da vent’anni Armando Moriconi ha costruito la sua personalità di scultore in controtendenza, ritenendo che si possa “campare” d’arte restando in Umbria, seppur in disparte.

© Gazzetta di Foligno – Francesca Felicetti

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