L’architettura religiosa del ‘900 e i suoi riflessi a Foligno
L’arch. Luciano Piermarini alle Marie Cristine
L’architetto Luciano Piermarini, dirigente ai Lavori Pubblici del Comune di Foligno, chiamato a trattare il tema dell’architettura religiosa folignate, è partito dal Congresso di Vienna, in seguito al quale la Chiesa, con la Restaurazione, decise di riaffermare il passato con una chiusura totale verso il nuovo. L’unificazione dell’Italia fu caratterizzata soprattutto dalla soppressione di alcuni ordini religiosi e dall’avocazione allo Stato di svariati beni ecclesiastici. Poi, il 1929: il Concordato tra Stato e Chiesa chiuse antiche controversie.
Questo lungo periodo storico fu caratterizzato dalla crescita delle città, conseguente all’emigrazione da sud a nord. Nell’architettura civile si diffuse lo stile eclettico, che successivamente evolverà nel liberty, ben visibile in alcuni quartieri di Foligno.
L’architettura religiosa si contraddistinse per la scelta del contesto storicista, con riferimenti al Neogotico, al Neoromantico e al Neorinascimentale: sia nei progetti nuovi sia nel restauro furono conservati stili già assodati. Massimi esponenti a livello nazionale furono, tra gli altri, Pietro Selvatico Estense e Alessandro Antonelli. Nel restauro va menzionata la facciata di Santa Maria del Fiore a Firenze.
A Foligno si distinse Vincenzo Benvenuti, amico di Mons. Faloci Pulignani. Si occupò tra l’altro della chiesa della Madonna delle Grazie, della facciata della Madonna del Pianto, ma soprattutto delle due facciate della Cattedrale di san Feliciano.
Nel periodo che corre tra le due guerre l’architettura civile, se da un lato tende a conservare stilemi consolidati, dall’altro cerca di produrre e applicare uno stile nuovo. L’architettura religiosa dal canto suo promuove concorsi per la realizzazione di chiese non solo in Italia, ma anche all’estero (ad es. nelle neocolonie). A Foligno unico esempio del periodo sono la Chiesa del Sacro Cuore, presso le case operaie di san Paolo, e il rifacimento delle Canoniche.
Il dopoguerra, ovvero il periodo della ricostruzione e del boom economico, è il tempo della trasformazione del tessuto urbano, che spesso avviene in forma disordinata. In genere unica preoccupazione è la costruzione di tante case da mettere a disposizione di quanti si trasferiscono dalle campagne. La Chiesa avverte l’esigenza di costruire degli spazi religiosi nei nuovi quartieri residenziali. Le prime aperture verso un’architettura religiosa innovativa si ebbero con papa Pio XII, ma il vero cambiamento fu apportato dal Concilio Vaticano II. A Foligno grande artefice fu il Vescovo, mons. Siro Silvestri. Egli individuò nell’architetto Franco Antonelli la mente che poteva mettere in atto le direttive conciliari, le quali richiedevano l’adeguamento degli spazi all’interno dell’aula liturgica. Attengono a questo periodo le chiese di san Pietro Apostolo a Corvia, di Santa Croce a Limiti di Spello, del Buon Pastore a san Paolo, il monastero di Santa Maria di Betlem.
Infine, nel 1989 la Pontificia Commissione Centrale per le Arti Sacre Italiane viene sostituita dalla C.E.I., che nel 1996 pubblica un documento sulla progettazione delle chiese che devono rispondere ai dettami conciliari. A questa fase appartiene il progetto di Massimiliano Fuksas, che ha dato vita alla chiesa di San Paolo. A forma di due parallelepipedi inseriti l’uno nell’altro e da un parallelepipedo esterno che contiene i locali parrocchiali, l’edificio sacro è sollevato da terra, illuminato all’interno da aperture a lucernaio, i cui raggi cadono sui punti focali della liturgia; edificato in un punto nodale della periferia urbana folignate, ha dato ordine a un quartiere cresciuto in maniera disordinata. Inoltre era proprio lì che sorgeva uno dei campi container dopo il terremoto del ’97 e quindi la chiesa di san Paolo ben rappresenta il simbolo della rinascita.
© Gazzetta di Foligno – Franca Scarabattieri