Gualtiero Sigismondi

Maria come modello e immagine della Chiesa

La riflessione del Vescovo Sigismondi per l’Anno Mariano

Gualtiero SigismondiMercoledì 20, nella sala delle conferenze di Palazzo Trinci, gremita da un pubblico veramente eterogeneo, il Vescovo, introdotto da M. Gabriella Benedetti, ha parlato della “Madre di Dio come modello e immagine della Chiesa”, in una particolare riflessione che “non era omelia, né lezione”. Il Vescovo è partito dall’immagine di Maria “icona” della Chiesa. Maria vista soprattutto nel momento culminante della sua missione, cioè ai piedi della croce, dove sta salda, in un’accettazione che è un atto di amore e di dolore e dove il suo “fiat” è strettamente legato all’“eccomi” di Cristo, in un comune Amen che è abbandono fiducioso alla volontà di Dio. Ed è sempre ai piedi della croce che suo Figlio, “spogliandosi” anche dello sguardo materno, le affida il discepolo prediletto, facendo di lei la Madre della Chiesa, mentre Giovanni diviene colui che, secondo il volere di Cristo, inaugura il culto di Maria, via che porta al Figlio. Ella diventa così “primizia” dell’umanità redenta, colei che racchiude in sé tutto il “mistero della Chiesa” (S. Giovanni Damasceno). Maria quindi merita una devozione “interiore, tenera, santa, costante, disinteressata”, capace di consolidare nel bene e portare alla libertà da sé, indispensabile per raggiungere Cristo (S. Luigi de Montfort).
Con il teologo De Lubac il Vescovo rivede poi tutta la simbologia biblica che si riferisce a Lei e alla Chiesa (Nuova Eva, Arca dell’Alleanza, Ianua coeli, Tabernacolo dell’Altissimo), perché entrambe riposano all’ombra di Cristo. Maria è quindi “figura” ideale della Chiesa, suo punto di origine, come Immacolata “mistica Aurora della redenzione”, e anche suo traguardo di perfezione, come Assunta, l’Aurora che si innalza nel cielo. È la vergine-madre, che assomma in sé verità e fede, sollecitudine e tenerezza; è la “verginità feconda”, che fa dono del Figlio, e simbolo della Chiesa che dona Cristo-Eucarestia. Chiesa che, per Agostino, è migliore di Maria. Affermazione questa, dice il Vescovo, che, quando era giovane, gli sembrò paradossale, ma che in una più matura riflessione, vede ora nel suo significato più profondo: Maria è solo membro della Chiesa, che è il Corpo Mistico di Cristo, è tuttavia, per san Bernardo, “la terra in cui è seminata la Chiesa”, che, per crescere, ha bisogno di lei.
Riferendosi, quindi, all’iconografia della madre di Dio, mons. Sigismondi indica Maria come “crocevia” degli sguardi: il Bambino guarda la madre che, quasi riflettendo il suo sguardo, si volge a chi osserva e prega. Ed è in questa prospettiva che legge l‘immagine della Madonna del Pianto: il Bambino poggia il capo sul cuore di Maria, ne ascolta i battiti e volge lo sguardo verso la madre, che, assorta, medita gli eventi futuri, ma è teneramente trepida, anche se, come ogni buona madre, osserva i figli a distanza. Ed è in questo sguardo che si intersecano il Magnificat e la profezia di Simeone: lo sguardo di Dio, ab aeterno, si posa su Maria che si volge con materna sollecitudine verso quel Figlio sul quale il vecchio Simeone posa gli occhi profetici che glielo fanno vedere come “la luce che illumina le genti” e della quale ringrazia il Signore. È un incrocio di sguardi che hanno come mediatrice Maria e il suo cuore, materno come quello della Chiesa. È un cuore di cui, con una delle consuete ardite metafore alle quali Mons. Sigismondi ci ha abituato, Cristo e Maria sono “la diastole e la sistole” e nel quale Il fiat di Maria e l’eccomi di Cristo si intersecano in un unico Amen.
La circolarità perfetta di un discorso così preciso e rigoroso ha lasciato poco spazio alle domande chiarificatrici richieste dal Vescovo stesso e l’atmosfera di prevalente silenzio che avvolgeva la sala è stata la palpabile dimostrazione dell’esigenza di riflessione suscitata dalle sue parole.

© Gazzetta di Foligno – M. Grazia Galeazzi

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