Luigi Bettazzi Foligno 2

Mons. Bettazzi, testimone del Concilio

Il Vescovo emerito di Ivrea ha illustrato la natura pastorale del Vaticano II
Luigi Bettazzi Foligno 1
La sala che ospita l’incontro con mons. Luigi Bettazzi è gremita. Sul palco ci sono il padrone di casa, il Padre Provinciale dei frati francescani, il Vescovo Gualtiero Sigismondi, il direttore editoriale della Gazzetta Antonio Nizzi e mons. Bettazzi, Vescovo emerito di Ivrea, che nel 1963, appena nominato ausiliare del Cardinale Lercaro, ha avuto la possibilità di partecipare al Concilio Vaticano II. Oggi ha 90 anni, lo sguardo cordiale e la battuta pronta. Nella sua biografia si segnalano una lettera a Berlinguer, rapporti con i sindacati metalmeccanici negli anni ‘70, diversi interventi polemici sia con i politici che con le gerarchie ecclesiastiche, tra le più recenti quella con la Conferenza Episcopale Italiana a proposito del riconoscimento delle unioni omosessuali. Un uomo comunicativo, cordiale, che dice quello che pensa, su posizioni talvolta discutibili, ma schiettamente esplicitate.
Ma la logica semplificatrice che divide anche nella Chiesa progressisti e conservatori, considerando gli uni “buoni” e gli altri “cattivi” a seconda dei punti di vista, alla prova dei fatti non regge.
In questo senso l’introduzione del Vescovo Sigismondi è stata illuminante. Ha richiamato un’espressione del Vescovo che nel 1963 ha consacrato il giovane Bettazzi, il Cardinale di Bologna Lercaro: «Amate la Chiesa come Cristo l’ha amata […]. Amate la Chiesa quando viene incontro ai vostri desideri, alle vostre aspirazioni; […]. Ma amatela, e amatela di più, anche quando le disposizioni sue, gli atteggiamenti suoi, gli ordini suoi, potessero urtare la vostra sensibilità o sembrare incomprensione. […] Amatela difendendola, perché la Chiesa è santa anche se non siamo santi noi che la rappresentiamo: la Chiesa è santa perché è santo Cristo […]». “E ha ribadito, anche nelle saluto finale, come l’intervento di Bettazzi fosse una “appassionata testimonianza di amore alla Chiesa”.
Vediamo in rapida sintesi i passaggi dell’intervento.
Luigi Bettazzi Foligno 2Un Concilio “pastorale”
In primo luogo mons. Bettazzi ha sottolineto la peculiarità del Concilio Vaticano II, che è stato un concilio “pastorale”. Non c’erano verità di fede da difendere o esplicitare, ma la volontà di parlare al mondo e alle generazioni future. Sulla scorta dell’enciclica Pacem in terris, che per la prima volta aveva come oggetto un valore “umano” ed era rivolta non solo si cristiani, ma a tutti gli uomini di buona volontà, i padri conciliari hanno lavorato alla Costituzione Gaudium et Spes. Con essa la Chiesa si è presentata al servizio di tutta l’umanità e ha sottolineato il valore del mondo come creazione di Dio e dunque il valore di ogni uomo, di ogni cultura, di ogni famiglia, di ogni economia. In questo contesto l’essere cristiani è un di più, poiché Gesù rivela l’uomo all’uomo e lo chiama ad una maggiore responsabilità: essere fermento per una umanità migliore.
Rimettere al centro la Parola di Dio
Il secondo passaggio dell’intervento di mons. Bettazzi è stato rivolto al ruolo della Parola di Dio, che il Concilio ha rimesso al centro della vita cristiana. Tanto più si diventa familiari con la Parola di Dio, tanto più si capisce che cosa Dio voglia da noi. Non può essere ridotta solo a deposito di verità da interpretare. La Bibbia è la Parola di Dio, che ci vuole persuadere all’amore.
Chiesa, popolo di Dio, gerarchia
Nel pre-concilio prevaleva la tesi di una Chiesa come “società” perfetta, che si identificava con la gerarchia. I padri conciliari hanno invece invertito i termini e sottolineato il ruolo della gerarchia come servizio (ministerium) nei confronti del popolo dei fedeli. Dunque ogni cristiano che viva in grazia di Dio, non solo il prete, è alter Christus, è profeta e santifica il mondo. Il compito della gerarchia è di garantire il sacerdozio universale dei fedeli.
“Già e non ancora”, gli aspetti incompiuti del Concilio
“Già e non ancora” è il motto con cui mons. Bettazzi ha sintetizzato l’attuazione del Concilio. La Parola di Dio si legge di più, ma non è ancora determinante; il concetto della gerarchia al servizio del popolo di Dio è più affermato che praticato. Anche il laicato è poco consapevole del proprio ruolo e tende a scaricare sui sacerdoti tutte la responsabilità della vita della comunità. La collegialità col Papa non è attuata, poiché il Sinodo dei Vescovi ha solo funzione consultiva. Inoltre ci sono numerosi temi, come le questioni bioetiche e la sessualità, che il Concilio non ha affrontato e che sono ancora aperti. Si potrebbero affrontare con dei Sinodi in cui tutti i Vescovi, dopo essersi ben preparati, si riuniscano insieme al Papa per decidere. I 50 anni dall’apertura del Concilio Vaticano II sono un’opportunità per comprendere di più e portare a compimento il grande patrimonio che questo evento ci ha lasciato.

© Gazzetta di Foligno – MAURO PESCETELLI

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