Folignati nel mondo: dal Brasile Paolo Stoppaccioli
Paolo vive e lavora a Rio de Janeiro. È direttore delle Risorse Umane di Tim Brasil, il secondo operatore telefonico del paese, che, con circa 7 mld di euro di fatturato e 70 milioni di clienti, occupa 11.000 persone. Ci incontriamo presso il San Carlo e iniziamo col ricordare i campeggi di Rasiglia, dove Paolo veniva da studente. Nel 1980 frequentava il Liceo classico.
Ho trascorso la mia adolescenza in Umbria e ancora oggi vado fiero dell’appartenenza a questa regione, a cui mi legano sia le relazioni familiari sia le amicizie di scuola che poi sono quelle di una vita. Il mio percorso di studi è stato quello di tanti ragazzi di provincia per i quali si spende l’aggettivo “di buona famiglia”. Educazione religiosa nella parrocchia di S. Maria Infraportas, Liceo classico Frezzi, del quale mi rimane ancora vivo il ricordo di alcuni professori, illuminanti esempi di integrità morale e straordinaria cultura: mi piace citare Attilio Turrioni e Don Giuseppe Cavaterra, che ha raccolto le confidenze di generazioni di liceali. Ho cominciato a lavorare subito dopo la laurea in giurisprudenza con relativa facilità, se penso ai percorsi che oggi i giovani, che siano o meno choosy, debbono affrontare per entrare nel mondo del lavoro.
Appartieni alla generazione dei fortunati. Vero?
Dopo un breve apprendistato in Perugina, sono stato assunto nell’allora Sip presso la funzione del personale della direzione Marche e Umbria, con sede in Ancona. Il paradosso è che all’inizio, come per la stragrande maggioranza dei giovani di allora, è stato il miraggio del posto fisso e di una vita tranquilla ad attirarmi verso quella che all’epoca era una grande azienda pubblica. Ben presto mi sono trovato in mezzo a cambiamenti epocali, che ho scelto di cavalcare, e da quel momento il lavoro è diventato un elemento centrale della mia vita.
Raccontaci queste tue prime esperienze di lavoro
In Sip, poi Telecom, ho lavorato a Pescara, Ancona, Palermo, Napoli, Roma, Venezia, Bologna, assumendo responsabilità sempre più rilevanti. Da ogni esperienza e dalla diversità meravigliosa del nostro paese ho tratto sempre una grande ricchezza di rapporti umani. Nel mezzo di queste avventure mi sono anche sposato e devo a mia moglie Luana e a mia figlia Elisa la tranquillità nell’accettare sfide che ancora oggi hanno bisogno di molta pazienza per sopportare la distanza. Ma con la mia famiglia abbiamo sempre condiviso l’importanza della qualità del tempo vissuto insieme.
Però l’Italia non ti è bastata e sei finito in Brasile. Tutto bene?
Tre anni fa sono arrivato in Brasile, spinto dalla curiosità di confrontarmi con una dimensione professionale più ampia e soprattutto con una cultura e uno stile di vita profondamente diversi. Confesso che all’inizio non è stato facile: lo sforzo di apprendere a 50 anni una nuova lingua, di comprendere prassi e approcci lavorativi completamente diversi dai nostri, di dover costruire un network di relazioni abbandonando il conforto delle certezze tradizionali. Non sono mancati momenti di difficoltà e frustrazione. Ma poi il fascino di questo paese ha preso il sopravvento.
Il Brasile vive una fase straordinaria di sviluppo economico che lo proietta tra le grandi nazioni del primo mondo. Manifesta anche disuguaglianze e sofferenze sociali.
È un paese in cui anche le condizioni di estrema povertà sono vissute con grande dignità, un paese che offre speranza di cambiamento a tutti coloro che sanno cogliere opportunità. I brasiliani sono persone sorridenti, che riescono a sciogliere le tensioni della vita con la grande capacità di sdrammatizzare tutto e di vivere intensamente il presente.
Come vi sentite voi italiani? E come è vista l’Italia?
A volte ci sentiamo un po’ come a casa nostra. La folta presenza di immigrati, ormai alla terza generazione, ha creato un legame particolarmente forte con il nostro paese. Certamente, per chi è abituato ad una dimensione culturale sofisticata e può vantare tradizioni storiche, questo è un paese semplice, in cui i luoghi comuni (la spiaggia, la musica, il calcio, la natura) sono gli elementi effettivamente caratterizzanti. E quindi l’Italia oggi è riconosciuta a sua volta per gli elementi che meglio si adattano al modo di vivere brasiliano: moda, buona cucina, senso del bello. La crescita prepotente di una classe media e la maggior complessità dei bisogni hanno posto il nostro paese al centro dei flussi turistici dietro agli Stati Uniti, che nel bene e nel male continuano a rappresentare il modello da imitare.
TIM Brasil fa parte del gruppo Telecom Italia e negli ultimi anni – Paolo ci tiene a sottolinearlo – è stata protagonista di uno straordinario percorso di crescita in uno dei mercati telefonici più effervescenti del mondo. Gli chiedo a questo punto come le differenze culturali convivano in azienda.
L’incontro tra due stili di vita e di lavoro diversi – al pragmatismo e alla capacità di organizzazione e pianificazione degli italiani fa da contraltare l’estemporaneità e la creatività delle soluzioni tipiche dei brasiliani – genera talvolta anche momenti di tensione, accentuati da una sana rivalità, tipica delle realtà lavorative complesse. Più che omogeneizzare le diversità, la nostra strategia cerca di valorizzarle appieno nel contesto produttivo. L’identità nazionale poi si ritrova ed è compatta nei grandi eventi sportivi, che diventano momento di acceso confronto. Sono più portato a parlare di quello che osservo in Azienda, sia perché gran parte della nostra vita si svolge in quel contesto, sia perché i cariocas sono molto gelosi del loro privato e ben difficilmente capita che aprano la dimensione casalinga a persone esterne alla cerchia dei familiari e delle amicizie più profonde La vita sociale si svolge prevalentemente nei locali, nelle comunità sociali o religiose o, a Rio, in spiaggia.
E a proposito della vita religiosa?
La società brasiliana è aperta e tollerante. Questo consente la convivenza pacifica di molti credi religiosi, dai culti animisti alla religione evangelica e cattolica. Le cerimonie religiose sono molto partecipate ed emotivamente vissute con intensità. Non mancano anche le personalizzazioni un po’ folkloristiche. Esistono e si vedono di frequente quelle figure di pastori predicatori mutuate dai culti nordamericani. Ovvio che la religione cattolica, anche per l’investimento missionario fatto nel tempo, occupa nella società brasiliana un ruolo di primaria importanza.
La nostra intervista si conclude su Foligno
Foligno purtroppo oggi è uno specchio delle difficoltà dell’Italia. Per me c’è sempre l’emozione di tanti ricordi. Il quotidiano, al di là delle mie personali emozioni, è fatto di persone che cercano di sopravvivere alle difficoltà del momento e noto un sempre maggiore scetticismo sul futuro. Spero ovviamente di sbagliarmi.
© Gazzetta di Foligno – ANTONIO NIZZI