Mischa Maisky3

Mischa Maisky a Foligno

3 suites di Bach nel concerto-evento della stagione degli Amici della Musica

Dov’è la musica? È nelle dita che premono le corde? Oppure è nel braccio che governa l’archetto? È forse nel crine stirato, nella pece di cui è cosparso o nella corda tesa tra il capotasto e il ponticello? È nella mente di chi la esegue o nel cuore di chi l’ascolta?
Dov’è scritta la musica? Mi domando mentre la Suite n.3 in do maggiore di Johann Sebastian Bach scorre come un fiume nello spazio sospeso dell’Auditorium San Domenico. È nelle sinapsi del virtuoso esecutore o nelle fibre dell’abete rosso, cresciuto ad ascoltare il vento in una valle alpina e sagomato a mano dal sapiente liutaio fino a diventare tensione pura, potenza capace di riempire il nulla del silenzio?
Quanti secoli (millenni forse) di tecnologia artigiana e di tecnica esecutiva sono serviti per dare forma a questo suono! Quanto mistero in una lingua che non ha conosciuto la divisione di Babele e che è rimasta Una, segno di immanente Pentecoste!
Ci penso mentre Mischa Maisky, già col violoncello in braccio, dal palco pronuncia qualche parola in inglese per dedicare il concerto organizzato dagli Amici della Musica a Jacqueline du Pré, nella ricorrenza della sua scomparsa, scusandosi di non poterlo fare nella nostra bella lingua. Ci penso perché le tessiture di Bach sfiorano con delicatezza le corde dell’emozione, ma premono con vigore i tasti della ragione.
Il concerto che venerdì 19 ottobre si è svolto a Foligno è un evento del quale essere grati agli instancabili organizzatori delle stagioni musicali cittadine. Mischa Maisky, allievo di Rostropovich e considerato tra i più grandi violoncellisti viventi (“probabilmente il più grande”, ha avvertito nella presentazione Marco Scolastra, direttore artistico dell’associazione Amici della Musica), ha eseguito tre delle 6 Suites per violoncello solo composte da Bach attorno al 1720: la n.3, la n.2 e la n.6, quella scritta per un misterioso strumento a 5 corde e che può essere eseguita su un normale violoncello (quelli in uso oggi ne hanno 4) “a patto di adottare un impegno tecnico-virtuosistico nettamente superiore alla norma”, come spiega Sandro Cappellotto nella preziosa guida all’ascolto allegata al programma di sala. Al termine, insieme alla gratitudine, avverto un sentimento di intenso stupore, frutto di un ascolto denso, impermeabile a qualsiasi tipo di pigrizia o distrazione, nel quale ho scoperto coinvolte tutte le mie facoltà. Dall’archetto alle corde, dalle corde al ponticello, dal ponticello al legno e da questo alla sala fino ad ogni singolo spettatore… Mentre si spengono le note del secondo bis e parte l’ultimo incontenibile applauso, avverto quasi una stanchezza fisica insieme all’euforia di un’improvvisa consapevolezza: sono anch’io strumento, sono stato suonato. Sono stato suonato da Mischa Maisky.

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