Il Santo Sepolcro di San Bartolomeo di Marano
Fu costruito per poter pregare ed ottenere lo stesso vantaggio spirituale del difficile pellegrinaggio in Terrasanta
La chiesa e il convento di San Bartolomeo sono strettamente legati alla memoria di Paoluccio Trinci, alle origini stesse di quel movimento di rinnovamento dell’ordine che fu la Regolare Osservanza francescana. Fu per Paoluccio, semplice frate ma pur sempre loro consanguineo, che Ugolino e poi Nallo Trinci costruirono il complesso che egli non poté mai vedere perché morì intorno al 1391. Ma questo luogo, vicino a Foligno e nello stesso tempo fuori dalla città (i primi conventi che aderirono alla riforma di Paoluccio erano per lo più in luoghi isolati, quasi degli eremitaggi), nei secoli è stato luogo di memoria e di fede. Qui nel 1676 divenne guardiano fra’ Lorenzo da Foligno: erano anni difficili per la Terrasanta dove i francescani svolgevano un ruolo importante nella custodia dei luoghi santi, in particolare del Santo Sepolcro. Da un lato vi erano le difficoltà create dal governo ottomano, dall’altro vi erano le dolorose divisioni fra gli stessi cristiani che portavano al prevalere di particolarismi ed incomprensioni, tanto che per un certo periodo (proprio in quegli anni), i francescani furono esclusi dalla cura dei luoghi santi. In questo clima a San Bartolomeo, all’interno della chiesa (e la localizzazione va sottolineata), si costruisce una replica in scala ridotta ma fedele del Santo Sepolcro. Fecero certo da guida a fra’ Lorenzo e a chi sovrintendeva il lavoro, le stampe che accompagnavano il libro di Bernardino Amici da Gallipoli edito nel 1609, ma il fine non fu quello di fare una “copia conforme”, filologicamente corretta, di uno dei luoghi più densi di significato per la fede cristiana. Fra’ Lorenzo e la sua comunità vollero offrire a se stessi e ai folignati un luogo dove poter pregare ed ottenere lo stesso vantaggio spirituale del difficile pellegrinaggio in Terrasanta, con un trasferimento di sacralità che è ribadito dalle reliquie che ancora oggi si possono vedere in piccole teche sulla facciata del Sepolcro. “Ogni qualvolta si visiti con la dovuta devozione” questo luogo santo, si legge nella epigrafe che le accompagna, “ponno acquistarsi tutte le indulgenze del Santo Sepolcro”. Se un pellegrinaggio è prima di tutto un cammino dell’anima, non sorprende dunque che, insieme all’autorità delle concessioni pontificie, sia sulla fede di chi si avvicina a questo luogo che viene posta l’attenzione, che consente la possibilità di questo passaggio di grazia spirituale. Forse è difficile per noi moderni che viviamo in un mondo in cui i mezzi di trasporto hanno abbattuto le distanze (salvo poi ricrearle con muri politici, militari, culturali e, purtroppo, anche religiosi), in cui la circolazione delle immagini ci rende “familiari” anche posti dove non siamo mai stati fisicamente, percepire ciò che spinse nel passato gli uomini a edificare luoghi come questo. Sono infatti molti gli edifici costruiti in Europa nel corso dei secoli per rievocare nell’aspetto e nello spirito i luoghi santi. Solo per fare alcuni nomi si possono ricordare la Basilica di Santa Croce in Gerusalemme a Roma, il Santo Sepolcro di Acquapendente, il Monte Santo di Varallo, la stessa cittadina di Sansepolcro…, che testimoniano la devozione degli uomini del passato (lungo le pareti esterne del Santo Sepolcro di Foligno si leggono scritte lasciate dai pellegrini) ma che interessano anche lo storico perché riproducono il modello originario come era (o come era immaginato) all’epoca in cui questi edifici furono costruiti. Così quello folignate riproduce con fedeltà il Santo Sepolcro come era alla fine del Seicento, prima dei diversi rimaneggiamenti che oggi lo hanno mutato nell’aspetto esteriore; non una semplice copia dunque ma un luogo privilegiato dove arte, storia e fede si intrecciano.
© Gazzetta di Foligno – Lucia Bertoglio