La cassa lignea della beata Angelina
Nel monastero di Sant’Anna è conservata una cassa lignea caratterizzata dalla doppia effige della beata Angelina; le immagini sono pressoché speculari: Angelina vi è rappresentata giacente, con i piedi nudi e una piccola croce di legno in mano, vestita del saio grigio delle terziarie e con la testa, soffusa di luce, reclinata su di un cuscino. L’unica variante fra i due dipinti si individua nel colore del velo che copre il capo della defunta, bianco su un lato e nero sull’altro.
Angelina, che secondo la tradizione morì il 14 luglio 1435, fu inumata all’interno della chiesa conventuale di San Francesco. Come riporta Ludovico Jacobilli, il corpo fu deposto “in una cassa di cipresso e venerabilmente situato in alto”: si trattò di una sepoltura privilegiata, segno della devozione popolare di cui la beata era oggetto già in vita.
Intorno al 1492 il corpo di Angelina fu traslato “in un luogo più decente nella cappella medesima, secondo che essa stessa aveva comandato a fra Giacomo Colombini da Foligno Minore Conventuale”, al quale era apparsa nella notte del 13 luglio 1492. Nella stessa circostanza i frati di San Francesco fecero realizzare un’urna più decorosa e l’arco di accesso alla cappella fu ornato con affreschi che raffiguravano episodi della vita della beata.
Una terza sistemazione delle spoglie di Angelina venne realizzata nel 1610 per volere di Eugenio Bolognini, che fra le volontà testamentarie dispose di far realizzare “una cassa con testa di cristallo, et ornamenti d’oro, ricoperta da un’altra di legno dipinta; nel frontespizio della quale vi fusse effigiata l’immagine giacente della medesima Beata, come prontamente eseguì l’anno 1610, a dì 3 Ottobre Francesco di esso Eugenio”. Il 13 marzo del 1621 l’urna con il corpo della beata venne trasferita nella cappella di Sant’Anna, posta anch’essa in San Francesco e rilevata dalla stessa famiglia Bolognini.
La cassa custodita nel monastero di Sant’Anna è da identificare con quella commissionata nel 1610 da Francesco Bolognini. A sostegno di questa ipotesi vanno l’analisi del manufatto e una serie di informazioni desumibili da documenti notarili relativi a successivi cambiamenti nella sistemazione della sepoltura. Nel 1692 Antonio Bolognini promise ai francescani di far realizzare importanti lavori nella cappella di Angelina, che prevedevano anche lo spostamento dell’altare ligneo lungo la parete destra della chiesa, in direzione dell’altare maggiore, “per farvi fabbricare una nuova Cappella e fare una più nobile e splendida cassa per la conservatione di detto Corpo della Beata”. Come corrispettivo di questi servizi il Bolognini ottenne, il 25 settembre 1692, lo iuspatronato sulla cappella. L’anno successivo la questione della costruzione della nuova cassa determinò un contenzioso con Maria Felice Barnabò, suora del monastero di Sant’Anna, che – desiderando costruire a sue spese l’urna destinata a conservare le spoglie della beata Angelina – avanzò una richiesta ai frati francescani, i quali inizialmente dovettero acconsentire, perché di fatto Maria Felice procedette a far realizzare il lavoro. La decisione suscitò l’opposizione di Antonio Bolognini, che contestava a suor Maria Felice non solo l’intenzione di sostituire la vecchia cassa, ma anche di apporre su quella nuova l’arme del proprio casato. Nell’attesa che si fosse conclusa la controversia, il notaio Bartolomeo Paglierini redasse una relazione sull’altare, nella quale viene descritta “una cassa che dimostra antichità nella struttura, di legno liscio, nel prospetto della quale per il longo vi è la pittura di essa B. Angelina giacente in forma di deposito (…). Nella parte superiore in detto fregio vi sono quattro armette pure di pittura della famiglia Bolognini”. La citazione di una sola raffigurazione della beata e soprattutto la descrizione degli stemmi della famiglia Bolognini, attualmente non visibili, si possono spiegare con gli esiti della vicenda giudiziaria, quando le due parti in contesa pervennero ad un accordo, ratificato da un atto del 29 maggio 1694: suor Maria Felice avrebbe consegnato ad Antonio Bolognini la nuova cassa – fatta realizzare a sue spese – priva di stemmi, in modo da fornire a quest’ultimo la possibilità di apporvi quello della propria famiglia; per contro, la vecchia cassa della beata Angelina sarebbe stata ceduta alle monache di Sant’Anna. In seguito al trasferimento nel monastero, l’urna lignea fu sottoposta ad alcune modifiche: gli stemmi dei Bolognini furono evidentemente rimossi, e fu aggiunta la seconda raffigurazione della beata. La presenza del velo nero in questa seconda immagine indica una datazione posteriore al 1617, anno in cui venne definitivamente imposta alle suore di Sant’Anna la clausura, che comportò questa modifica nel loro abito.
© Gazzetta di Foligno – EMANUELA CECCONELLI