E tu, che cosa puoi fare per la Chiesa?
L’ultima lezione del Cardinal Martini
Sabato primo settembre, ore 11. Nel suo studio foderato di libri il Vescovo Benedetti siede alla scrivania, il piano d’appoggio è leggermente inclinato. Tiene stretta tra le mani una copia del Corriere sella Sera, ogni tanto, mentre parliamo di assemblea e di laici, il suo sguardo torna sulla pagina aperta. Il Cardinale Carlo Maria Martini è morto ieri. Quando vado sull’argomento il Vescovo mi legge le parole dalle quali non riesce a distogliere gli occhi: “Chiesa indietro di 200 anni. Perché non si scuote, perché abbiamo paura?”.
Mi racconta brevemente la storia di questo gesuita, studioso della Sacra Scrittura che non voleva fare l’arcivescovo e poi torna di nuovo sulla pagina del Corriere. “Chiesa indietro di 200 anni”, ripete, e poi si chiede a voce alta: “Come li avrà computati questi 200 anni?”. Sorride. Mentre parla del Cardinale solleva le sopracciglia e inarca la bocca esprimendo un sentimento di sincera ammirazione, ma nelle sue parole colgo la preoccupazione per come potrebbe essere letta quest’ultima vigorosa esortazione di Martini. Mi spiega che non può esserci innovazione nella Chiesa, se non quella di far vivere nell’oggi il patrimonio di storia e di tradizione che l’hanno vivificata nei secoli. Cita Agostino, Tommaso. Mentre parla capisco che pensa anche alla propria esperienza pastorale.
Non avevo ancora letto l’articolo del Corriere. Ora che ce l’ho davanti rimango colpito più che altro dalla sua conclusione. All’intervistatore che gli domanda che cosa faccia personalmente, dopo aver risposto che la dipendenza totale causata dalla malattia gli consente solo di sperimentare l’amore nelle persone che gli stanno accanto, Martini risponde chiedendo a sua volta: “Io ho ancora una domanda per te: che cosa puoi fare tu per la Chiesa?”. Le parole non sono niente senza una vita che dia ad esse spessore. Solo chi ha amato e servito con tutto se stesso conquista la libertà del dire. Solo chi ha dimorato con assiduità nella Parola e si è sottomesso ad essa può parlare con l’autorità della profezia. A noi, troppo spesso spettatori non paganti anziché attori protagonisti, infedeli amministratori del poco o tanto che ci viene affidato, disattenti frequentatori del giardino della Parola, a tutti noi non è nemmeno consentito ripeterle tra virgolette le parole del Cardinale. Semmai meditarle e domandarci ogni giorno: ed io che cosa posso fare per la Chiesa?
Il Vescovo Giovanni mi fa contare i suoi anni. Dieci in più di quelli che aveva il Cardinale. “Sto bene”, mi dice, “il Signore mi fa vivere ancora”.
“Forse deve ancora fare qualcosa per la Chiesa”, dico io. Sorride. Nello sguardo non c’è ansia dell’incontro con Lui, ma nemmeno paura per quella che sarà l’ultima richiesta di affidamento. La più difficile.
© Gazzetta di Foligno – VILLELMO BARTOLINI