Un ingegnere in seminario
Conversazione con Simone Marchi
“Vieni quando vuoi, e grazie per l’opportunità”. Simone Marchi è così: una miscela ben dosata di entusiasmo e disponibilità, condita con quella semplicità di chi sa che tutta la propria storia è dono di Dio, che è buono e compie meraviglie in chi lo sa cercare. Varco la soglia di Santa Maria Infraportas e lo trovo nella bella sala romanica che ospita l’ufficio della parrocchia dove collabora con don Paolo Aquilini. È tornato da pochi giorni da un pellegrinaggio notturno ad Assisi, dove ha accompagnato i ragazzi a ricevere il Perdono, e sta commentando le foto pubblicate su facebook con don Paolo, presenza discreta ma accorta nella formazione di Simone e – come vedremo – nella nostra intervista.
Simone, quando e dove nasci alla fede?
Sono nato in una famiglia che vive la fede in maniera intensa, avendola riscoperta poco prima della mia nascita. In questo ambiente cristiano stabile ho iniziato a conoscere i fondamenti della morale cristiana, imparando soprattutto il rispetto della persona. Di quand’ero bambino ricordo la vita in parrocchia a Santa Maria Infraportas con don Domenico Fedeli, l’impegno come ministrante, l’attesa della Messa ad Afrile, dove trascorrevo le vacanze e l’idea – già presente fin da bambino – di “combattere” e lavorare per la Chiesa. È come se già da bambino fossi stato chiamato alla consacrazione…
…poi comincia il periodo dello scoutismo…
Sì, una lunga fase che si è aperta con una bella esperienza di Dio. È stato attorno ai 10 anni: durante un momento di preghiera ho avvertito come un abbraccio e la felicità dell’incontro con Lui. In quel periodo, l’idea di consacrarmi era influenzata dall’ambiente scout: mi vedevo più come un religioso che come un prete diocesano, ero ispirato dalla figura di Francesco, di cui mi affascinava l’amore per il Creato e la semplicità. Tutto ciò, fino al II-III liceo scientifico.
Cosa accade durante gli studi?
Accade che inizio a pensare al “dopo”, al desiderio di dimostrare a me e agli altri di essere capace. Allora ingaggio la battaglia dell’Università, iscrivendomi al corso di ingegneria elettronica. Lì, però, la tentazione di raggiungere il massimo rendimento con il minimo sforzo prende il sopravvento: capisco che il mio metodo di studio “intuitivo” non si adatta bene alla sistematicità del sapere scientifico. Inizia così un percorso lento, dominato da altri impegni, quali lo sport e lo scoutismo, che relegavano in ultima fila lo studio universitario e, soprattutto, mascheravano la mia paura di fallire.
“Ma il fidanzamento, non glielo racconti?”. Ci interrompe don Paolo, evidentemente appassionato dal racconto di Simone, di cui è attento ascoltatore. Mi dà l’impressione che stia seguendo l’intervista passo passo, interrompendola con battute spiritose, come fa un amico, e ripercorrendo per l’ennesima volta, da buon padre, la vita del seminarista affidatogli per il servizio pastorale. Una risata e si ricomincia: Simone non si sottrae alla domanda del parroco ma mi fa capire che, oltre l’esperienza bella del fidanzamento, ce n’è una ancora più decisiva.
Ad un certo punto ho capito che non potevo continuare: stavo vivendo un blocco e ho cercato aiuto, trovandolo in p. Massimo Vedova, che allora viveva nel Convento di San Francesco. Frate e fisico, mi ha aiutato sia a costruire sulla solida base della fede, sia ad apprendere un nuovo metodo di studio. Mi sono accostato al Rinnovamento nello Spirito Santo, riscoprendo un contatto personale con Dio e una fede concreta mentre mettevo ordine nella mia vita. È stato un percorso di guarigione, che mi ha accompagnato a conoscere preti e laici gioiosi e appassionati, culminato con la rinnovata effusione dello Spirito Santo (al termine del seminario di effusione del RNS, ndr) e vissuto con la consapevolezza che qualcosa sarebbe cambiato nella mia vita”.
“Ah, sì, è quando volevi farti monaco…”, ricorda don Paolo.
Monaco?
Ho iniziato a vedere che tutto nella mia vita funzionava a meraviglia: in pochi mesi ho sostenuto più esami che nei nove anni precedenti, ho sperimentato che il Signore è attivo nella mia vita e ho cominciato a pensare con maggior serietà alla mia vocazione. Ho trovato un valido accompagnamento spirituale in don Livio Tacchini, della Diocesi di Città di Castello: un prete dallo stile monastico profondamente innamorato di Gesù. Dopo un ritiro presso i monaci benedettini di Norcia ho avuto la consapevolezza della consacrazione…
…però poi hai scelto il seminario…
È stato don Livio ad indirizzarmi verso il seminario, consigliandomi di parlarne con il Vescovo, che non sapeva della mia conversione (Simone chiama così la propria vocazione, ed è bello pensare che “convertirsi” è l’attività fondamentale del cristiano), anche perché non frequentavo in particolare l’ambiente diocesano. Dopo l’incontro con mons. Sigismondi, che era appena arrivato in Diocesi, ho deciso di entrare nel Seminario di Assisi, prendendo nell’anno propedeutico anche la Laurea specialistica: ormai, con la consapevolezza che sarebbe stata pressoché inutile, riuscivo così bene negli studi! Ora sono all’inizio del 4° anno in seminario e del 3° di studi teologici.
Apriamo e chiudiamo con la famiglia: i tuoi genitori sono entusiasti della tua scelta!
In realtà lo hanno saputo all’ultimo momento, quando il Vescovo mi ha ricordato che bisognava informarli! All’inizio sono rimasti un po’ perplessi: mi vedevano felice, finalmente sicuro negli studi… ma poi hanno capito che la mia serenità derivava proprio dalla consapevolezza della chiamata del Signore e ora sono molto felici.
Un rapido sguardo all’orologio e un sorriso: dallo sguardo limpido e felice capisco che è l’ora del Rosario. Ci salutiamo, e penso che sono io a dover ringraziare lui per aver aperto il suo cuore e avermi raccontato una così bella storia per i lettori della Gazzetta. “Non so come faccia: riesce ad essere ovunque!”, mi dice don Paolo quando restiamo soli. “Ma la sua forza è nella disponibilità e semplicità, animate da un’intensa vita spirituale e di preghiera: è proprio autenticamente francescano!”. Penso a quanto sia bello vedere seminaristi dai cui occhi limpidi traspare con semplicità la gioia dell’incontro con il Signore, la serenità della donazione totale a lui e la dedizione ai fratelli: è una testimonianza coraggiosa e contagiosa di come si possa vivere dell’amore di Dio, segno della pienezza e bellezza della vita con lui.
© Gazzetta di Foligno – Fabio Massimo Mattoni