La Stagione estiva

La Stagione estiva

Con il sole in cielo al culmine del suo splendore, il 21 di giugno inizia l’estate. Da “stare” deriva “stagione”, il  sostare del sole in cielo per un periodo dell’anno compreso fra termini fissati. Quattro sono le stagioni dell’anno solare e la ragione è scritta sui quadranti degli orologi che come quelli della bussola mutuano il nome da quattro. Quattro è il numero del cielo che è quadrato come il tempio che ospita gli dei del cielo. Cielo vuol dire “tagliato”, il suo nome viene da caedo, taglio, da cui cesoie, così come da temno, taglio, da cui temperino, deriva “tempo” e, quindi, “tempio”, quando il luogo di culto è consacrato agli dei superi. Il cielo è tagliato in quattro perché, nell’osservare il volo degli uccelli, l’augure antico è rivolto verso il sud chiamato parte antica, anteriore. Il nord è posto alle sue spalle, la parte postica, posteriore. A sinistra, leva, dove il sole si leva, è il levante,  mentre a destra, dextera, è il sole occidens, tramontante. All’incrocio di questi assi sopra la testa dell’augure, che faceva da perno, erano gli dei superi mentre sotto i suoi piedi stavano quelli inferi. La volta celeste ruota sull’asse nord-sud che, non a caso, i Romani chiamavano kardo, il cardine, come quello sul quale ruota la porta, che andava ad orientare le infinite lottizzazioni campestri, le centurie, che ancora quadrettano il paesaggio dell’ex Impero romano come ancora si può vedere lungo il tratto della Flaminia tra la Croce della Fiamenga e Bevagna. In tal modo i campi, come i templi dedicati agli dei superi, avevano la forma quadrata del volgere del cielo e del cielo erano l’immagine trasferita in terra dall’artificiata cura dei campi in cui consisteva il culto di Tellus. Mentre l’orizzonte è rotondo il cielo è la croce quadrata inscritta ed è misura del tempo e dello spazio. Pertanto sul “quadrante” dell’orologio sono riconoscibili i solstizi, gli equinozi, i 12 mesi ognuno di 30 giorni così come sul “quadrante” della bussola 360 sono i gradi, pari di numero ai giorni dell’anno solare, che si assestano sull’asse nord-sud dell’ago magnetico. Tempo e spazio hanno la stessa numerazione perché quella del “tagliato”, ovvero il cielo e/o il tempo, è per eccellenza la misura. Questo asse consacrato non cessa di essere tale con l’avvento del Cristianesimo. Nel dialetto delle nostre campagne il luogo esposto a sud è chiamato “pommessa” mentre quello orientato a nord, è detto “oppico”. Ebbene, “pommessa” è post missam, infatti la messa finisce a mezzogiorno che è sinonimo di sud mentre “oppico” è l’officium, la preghiera conventuale della mezzanotte ed in entrambi i casi orientamento dello spazio e misurazione del tempo vanno a coincidere.
Estate deriva dal participio passato del verbo aedere, “bruciare” e va ad indicare la stagione “riarsa” dal sole. È interessante notare, però, che da questo verbo deriva anche aedes, casa, ed “edilizia” proprio perché l’essenza della casa sta nel fuoco, segnale della vita della famiglia che vi abita. Con il fuoco posto in uno spazio riparato e buio sono vivi anche gli antenati degli abitanti che ogni giorno si raccolgono attorno al focolare ovvero “il fuoco dei lari”, gli antenati, che continuano a vivere nell’oltretomba fino a quando nella casa arderà il fuoco curato dai loro discendenti. L’edificio, il più antico teso a fortificare il fuoco che splende al centro, è circolare come la capanna e la grotta e, non a caso era Vesta a proteggere il focolare di tutte le case e quello di Roma. La dea, come “estate”, cela nel nome la radice del “bruciare”. Non aveva immagini per il culto ma consisteva in un fuoco che nei penetrali del tempio per un intero anno doveva ardere senza mai spegnersi. L’edificio a lei sacro era circolare e non quadrato come i templi dedicati agli dei superi perché nel luogo chiuso, dove ardeva come cuore della aedes, e non nella ruotante luce celeste, aveva sede il calore benefico del suo fuoco.

© Gazzetta di Foligno – IVO PICCHIARELLI

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