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Zuccherificio: l’errore più grave è stato demolirlo

Continuiamo a ospitare contributi riguardanti l’area dell’ex-Zuccherificio con l’intervento dell’arch. Claudio Trecci. Il dibattito è sempre più acceso, molti commenti sull’argomento sono stati postati nel sito www.gazzettadifoligno.it

Torno sul tema dell’area dove, fino a poco tempo fa, sorgeva uno degli stabilimenti più belli del novecento europeo e caratterizzante un’attività e una produttività che coinvolgeva il nostro territorio (lo zuccherificio), dopo aver visto il progetto di riuso di quest’area e dopo aver letto e ascoltato le tante opinioni di illustri cittadini, ma (e me ne duole) di pochi colleghi.
Le opinioni in merito, manco a dirlo, si sono allineate: contrarie quelle dell’opposizione, a favore quelle della maggioranza: senza un sereno dibattito costruttivo, mai avvenuto, soprattutto quando ce ne era effettivamente bisogno, al momento della decisione delle demolizioni già effettuate!
Ne abbiamo tanto parlato e molto è stato scritto sullo zuccherificio quando, menomato, ma ancora in piedi, aveva suscitato l’attenzione di storici, politici e pianificatori. Troppi interessi indebolirono le tante idee che, intorno agli anni ‘80 e ‘90, furono esternate dai filosofi del paesaggio in merito al rapporto di quest’area con il centro murato della città. Passò così sottotono quella soluzione che sarebbe stata, magari, di lì a poco a portata di mano, se non fossero intervenute, sollecitate, le speciali forze economiche che a Foligno avevano ormai costituito una sinergia imprenditoriale.
Vorrei ricordare che il territorio, che è patrimonio di tutti, dovrebbe essere governato all’unanimità, senza generare malcontenti, ma solo con il fine di migliorare le condizioni sociali ed economiche della collettività e soprattutto senza favoritismi né commerciali né politici, preservando identità culturale e storica.
Nel merito del progetto, un interrogativo mi sembra d’obbligo: che cosa hanno voluto dimostrare la COOP e l’architetto Aulenti, visto che il progetto è, al momento, in mancanza di una sostanziale variante al Piano Regolatore Generale, non approvabile e quindi irrealizzabile?
La COOP Centro Italia, con la sua totale autonomia gestionale dei punti vendita in ben tre regioni, evidenzia nel suo portale internet la sua mission definita dall’art. 4 del suo statuto: Tutelare gli interessi e la salute dei consumatori; Promuovere i valori di solidarietà ed uguaglianza; Promuovere la responsabilità sociale delle imprese per un mercato rispettoso della persona e dell’ambiente; Tutelare il risparmio dei Soci Coop Centro Italia. Ci risulta, invece, a oggi, che tale cooperativa, oltre alla commercializzazione di prodotti alimentari, integra la sua lodevole attività con operazioni bancarie, permettendo ai suoi soci depositi e prestiti e che la stessa operi sul territorio attraverso operazioni di carattere immobiliare e speculativo, non strettamente connesse all’apertura dei propri punti vendita.
Che cosa ha voluto allora dimostrare la COOP attraverso l’acquisto, oltremodo discusso, dell’area dell’ex-zuccherificio e la predisposizione di un progetto avulso da ogni contesto urbano? Chi sa far bene un mestiere, perché poi dovrebbe scalare banche e dovrebbe arrogarsi la facoltà della trasformazione del territorio con logiche speculative?
L’architetto Aulenti altro non ha voluto dimostrare che la sua ingratitudine per la terra che la ospita!
Gaetana Aulenti, dopo innumerevoli interventi di recupero in tutto il mondo, è ospite in Umbria, qui sbarcata da Milano; e, reclamando lavoro dalla nostra regione, le sono stati affidati due incarichi di prestigio: la sistemazione della piazza San Giovanni a Gubbio e il progetto per l’aeroporto di S. Egidio.
Chi conosce Gubbio sa che non è terra di ulivi più di Trevi e di Spello e chi conosce Milano sa bene di quanto verde invece c’è bisogno nel cuore di chi vi abita: tanto verde che l’aeroporto di S. Egidio è stato tinto di rosso. Eppure, quando fu inaugurato il museo dell’impressionismo all’interno della Gare d’Orsay, realizzato da tale grande architetto, mi precipitai a Parigi per cogliere, di quell’intervento, la maestria dei particolari costruttivi e la sensibilità dimostrata nel recupero di una stazione ferroviaria, lungo la Senna, davanti al Louvre, costruita, come il nostro Zuccherificio, nei primi anni del ‘900. Di quella stazione ferroviaria, museo nel museo, tutto è rimasto, a testimoniare il recente antico splendore che l’architetto Laloux le volle conferire in onore dell’elegante contesto urbano in cui era inserita.
Era da meno il nostro zuccherificio?
Cosa ha spinto allora la COOP e la Aulenti a definire un progetto tanto avventato quanto insensato?
Crediamo che la colpa di tanta disattenzione verso la nostra città non provenga da questi soggetti, ma da quei poteri forti che hanno tramato affinché l’Umbria diventasse terra di loro conquista.
Non rimane che il danno, che non è quello che sarà determinato dalla follia progettuale dell’architetto Aulenti, dal suo accondiscendente Committente e dalle sconsiderazioni espresse dai vari rappresentanti delle varie categorie, che non hanno ancora percepito il danno verso le attività del centro storico; il vero danno, ormai irreversibile, è stato commesso con la demolizione degli edifici, unico, inimitabile decoro urbano della prima periferia della nostra città, che, solo con una diversa destinazione d’uso e un corretto restauro, avrebbero mantenuto tutta la loro dignità, ridonandola anche al resto della città.

Claudio Trecci

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