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Settimana politica 8 – 2012

La Marini si scopre autosufficiente
Per sostituire nell’ufficio di presidenza della regione sia Orfeo Goracci, sospeso da vice-presidente del Consiglio regionale perché arrestato, sia Andrea Lignani Marchesani, dimissionario, il centro-sinistra ha eletto Roberto Carpinelli e Damiano Stufara. Nell’elezione sono mancati i voti dell’Italia dei Valori (Paolo Brutti e Oliviero Dottorini), che comunque ha garantito in aula il numero legale. La minoranza non ha preso parte al voto, denunciando “arroganza” (Monacelli, Udc), “grave strappo istituzionale” (Cirignoni, Lega), “delirio di onnipotenza della maggioranza” (Nevi, Pdl). Di più: tutti i membri delle commissioni consiliari dell’opposizione si sono dimessi per protestare contro la mancata apertura della presidente Marini per nominare un ufficio di presidenza concordato. Accordo che poteva presupporre altre intese sul documento di programmazione e di bilancio in approvazione.

La questione Italia dei Valori
La dissociazione di Brutti e Dottorini si basa sulla questione morale. L’Idv, prima del voto per l’ufficio di presidenza, ha chiesto le dimissioni dell’attuale presidente del Consiglio Eros Brega, perché “avvisato”dalla magistratura per una vicenda riguardante gli eventi “valentiniani” a Terni. Passo indietro che naturalmente Brega non ha compiuto. La presidente della Giunta Marini prende atto del “fatto politico” nuovo, di cui “si dovrà discutere”. Dottorini, ex-Cristiano sociali, ex-Verdi, non è la prima volta che critica il centro-sinistra, spesso ha dissentito dalle scelte politiche. Brutti, ex-comunista di lungo corso, invece, si è ritagliato uno spazio politico personale anche e soprattutto per limitare l’emarginazione dalle posizioni che contano. Per entrambi si apre una fase delicata, perché l’Italia dei Valori è paladina della trasparenza, della lotta allo spreco e alla casta dei politici; tanto che i consiglieri provinciali Idv, favorevoli all’abolizione delle province, si sono meritati un’ammonizione del presidente Guasticchi (Perugia).

La minoranza si dimette, la Giunta potrebbe rimescolarsi
Con le dimissioni dalle commissioni, lo strappo istituzionale dell’opposizione è un fatto nuovo, mai avvenuto in quarant’anni di legislatura regionale. Ora così non si può continuare, perché viene meno la funzione di garanzia; quindi, a breve, dovrà essere ripristinato un ufficio di presidenza, con almeno un componente dell’opposizione. La Giunta, inoltre, senza i voti dell’Italia dei Valori, rischia scivoloni o, quantomeno, è meno certa di avere un Consiglio amico. Il Dap annuale, comunque, è passato anche con l’assenso del partito del segretario nazionale Di Pietro.

Per Bracco l’Istituzione non può essere subordinata alla politica
Il commento di Bracco, assessore del Pd, è eloquente: “Il funzionamento e il prestigio dell’Istituzione sono stati piegati a mero terreno di scontro politico, in cui ognuno ha giocato una propria particolare partita”. In altre parole, c’è stata la partita della maggioranza, che si è voluta dimostrare autosufficiente, e quella dell’opposizione, che ha preferito non partecipare al voto piuttosto che avanzare candidature proprie. Ma chi, dal di fuori, assiste al procedere degli eventi ha diritto di chiedersi se l’istituzione-Regione è ben rappresentata, se i consiglieri regionali applicano a dovere le loro prerogative, se gli interessi di una parte politica sono posti al di sopra di quelli generali. Forse hanno più ragione coloro che, dal di dentro, come la Monacelli e Nevi, parlano di “ferita profondissima ai principi della democrazia e della rappresentanza”.

© Gazzetta di Foligno – GIANCARLO ANTONELLI

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