L'ultima chence

L’ultima chance dei cattolici in politica

Successo del libro di Luca Diotallevi

È uscito da un paio di mesi e già risulta il terzo libro più venduto dalle librerie cattoliche. Una vera fortuna per l’Editore Rubbettino. Merito dell’autore: sociologo ternano dell’Università di Roma, vice-presidente delle Settimane Sociali dei cattolici italiani, conosciuto a Foligno per la sua appartenenza all’Azione cattolica. L’ultima chance. Per una generazione nuova di cattolici in politica è un libro vivace e provocante, che si inserisce nel dibattito tornato di attualità su cattolici e politica oggi in Italia. Diotallevi non offre programmi, né previsioni, indica urgenze e priorità. Fa discutere e sollecita un confronto. Il difficile momento del Paese gli appare come una sfida e una grande opportunità sia per l’esperienza dei cattolici in politica che per la stessa Chiesa italiana. La via italiana alla democrazia, infatti, è passata anche attraverso i cattolici, che le hanno fornito la più ampia base di consenso. Un laicato protagonista in politica solleverebbe l’episcopato dall’onere delle supplenze, a volte risultate indispensabili, ma non prive di costi e di qualche mugugno. La ripresa del laicato cattolico può “dare inizio a una nuova stagione di larga partecipazione democratica nel nostro paese, che abbia forme adeguate a una democrazia governante e che sia capace di contrastare efficacemente i rischi di un ritorno al protagonismo politico da parte di poteri politicamente irresponsabili”. In particolare, la riforma della politica dovrebbe superare lo statalismo a favore della poliarchia, costruire una democrazia competitiva e governante, un federalismo seriamente sussidiario – e dunque con primarie radici municipali – , bilanciato da un esecutivo nazionale con più poteri e più responsabilità di fronte agli elettori. Ma questa nuova stagione del cattolicesimo politico italiano dove andrebbe a collocarsi: a destra? a sinistra? nel terzo polo? E la Lega? Luca non risponde in maniera esplicita. Di sicuro è per il bipolarismo e contro il vecchio ceto politico consociativo, centrista e trasformista. Gli interessa desacralizzare la coppia destra/sinistra, perché “in democrazia né l’una è bene né l’altra è male, né viceversa”. Per lui “come collocarsi e come ridefinire le alternative è un problema pratico, non ideologico o peggio ancora sentimentale”. Ma allora: cattolici uniti, divisi su due fronti, o in ordine sparso? Seguendo la lezione di Sturzo e di De Gasperi, Luca risponde: “Non è l’unità politica dei cattolici a produrre un programma e un’organizzazione politicamente rilevanti. Semmai, in determinate circostanze, sono un programma (se adeguato) e un’organizzazione (se efficace) a poter produrre un’approssimazione di unità politica storicamente utile ed ecclesialmente non imposta. Nel caso dei cattolici in politica, la rilevanza è una condizione dell’unità e non viceversa”. Riformismo, dunque, è la parola d’ordine, con predilezione per l’eredità culturale e politica del popolarismo sturziano e dei suoi sviluppi. L’autore crede che “un riformismo nuovo e di ispirazione cristiana possa giocare oggi ancora una volta un ruolo da protagonista, senza ricorrere a scorciatoie trasformiste”, ma dovrà cercare “convergenze e alleanze che consentano di competere apertamente e con realistiche possibilità di successo“. Infine, “anche l’organizzazione di una forma partito è una delle prove attraverso le quali deve passare, per formarsi, una generazione nuova di cattolici italiani impegnati in politica”. E a proposito di partito, si legge “almeno uno, non necessariamente solo uno”. E infine, il legittimo pluralismo delle forme e dei contenuti dell’agire politico dei cattolici esclude due cose: “Esclude di invocare la fede e l’appartenenza ecclesiale a giustificazione esclusiva di una qualsiasi azione politica. Esclude di invocare il pluralismo per evitare che altri soggetti ecclesiali, e innanzitutto naturalmente l’episcopato, discutano pubblicamente ed eventualmente critichino determinate scelte politiche”. Lo stesso discernimento ecclesiale, insomma, non è un limite, ma una condizione fondamentale per la maturazione di quel pluralismo. “La fedeltà all’ispirazione cristiana si manifesta anche attraverso scelte che non possono mai essere presentate come diretta e univoca derivazione da principi, ma che implicano un esercizio responsabile di libertà all’interno del legittimo pluralismo”.

© Gazzetta di Foligno – ANTONIO NIZZI

 Il volume è disponibile presso la LIBRERIA VESCOVILE scontato per i nostri abbonati

0 shares
Previous Post

Promuovere una nuova cittadinanza europea

Next Post

La condivisione crea serenità e trasparenza umana

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Skip to content