Il governo del Presidente
L’incarico voluto da Napolitano e gli orizzonti politici dell’esecutivo Monti. Quanto peseranno i cattolici?
A qualche giorno di distanza, il governo Monti, definito “tecnico”, sembra un esecutivo come ogni altro. È un esecutivo politico, perché gode dell’appoggio di quasi tutti i partiti dell’arco costituzionale, come si usava dire un tempo. Ma anche perché è frutto dell’iniziativa sagace e abile del Capo dello Stato, politico esperto e navigato, e soprattutto perché prenderà decisioni squisitamente politiche sui “soldi degli italiani”, secondo un modo di dire piuttosto volgare. Quale messaggio viene da questa scelta? Segnalo alcuni aspetti per me interessanti.
Partiamo dalla “seconda” Repubblica o, a essere precisi, dalla mai compiuta transizione verso un assetto istituzionale che correggesse limiti denunciati ormai da decenni. La crisi dei primi anni ’90 del secolo scorso ha lasciato un vuoto politico, colmato da un bipolarismo assai meno che perfetto. Anche se le ragioni di questa situazione sono complesse, emerge un deficit di cultura politica. La presenza soverchiante di un leader carismatico in uno dei due schieramenti ha indotto i suoi avversari a scegliere lo stesso terreno, unendo sotto una sola sigla culture diverse e puntando a un confronto plebiscitario tra due candidati, che non a caso si sono alternati alla testa delle coalizioni vincenti nelle cinque elezioni politiche tenutesi in questo periodo. La scelta in favore del professor Monti suona come il superamento di questa fase: resta da vedere se sarà danneggiato di più lo schieramento che sembra aver perso il suo leader o quello che si è accontentato di avere tale sconfitta come obiettivo.
Il passaggio effettivo verso un nuovo assetto istituzionale richiede non il ritorno alle origini, ma una “ristrutturazione” del bipolarismo cui abbiamo assistito. Sono curiosamente frequenti le richieste di un ritorno all’espressione delle preferenze nelle elezioni politiche, anche tra coloro che cominciarono l’avventura del bipolarismo attaccando proprio il voto di preferenza. Si ha l’impressione di una classe dirigente dallo sguardo e dalla memoria corta, mali che possono diventare catastrofici nel contesto di una crisi globale; una classe dirigente che si è illusa di poter rispondere al disagio della nostra società scegliendo un capro espiatorio. Per fortuna, la scelta del Quirinale è quella di costruire un’Italia più fedele alla sua storia, capace di avere una visione del proprio ruolo internazionale e di guardare al futuro sulla base di un giusto equilibrio di diritti e doveri.
Spicca insomma il ruolo del Capo dello Stato, cresciuto negli ultimi vent’anni ben oltre le prerogative di Capo delle Forze Armate e Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura. La figura del Presidente della Repubblica risulta supremamente politica: la successione, nel 2013, alla più alta carica dello Stato sarà un fattore importante per le scelte politiche dei prossimi mesi.
La composizione del governo Monti risulta ancor più significativa, se si tiene conto che è stato varato un esecutivo in cui sono ben rappresentati quei segmenti di classe dirigente – università, forze armate, istituzioni ecc. – che sono stati più “messi da parte” dal populismo di questi anni. Queste scelte suggeriscono la volontà di ricominciare a costruire l’Italia coinvolgendo proprio le élite che sembravano essere finite in secondo piano.
Non è un caso che, tra i ministri scelti da Monti, figurino volti noti e meno noti del mondo cattolico. Ogni progetto che voglia davvero coinvolgere il popolo italiano deve tenere conto della Chiesa, l’unico soggetto sociale e istituzionale ad aver mantenuto, in questi anni, un saldo radicamento popolare. Il futuro dell’Italia passa anche per un nuovo modo di coniugare identità cattolica e impegno politico, senza tradire i “principi non negoziabili” e agendo per un’economia sociale di mercato, secondo il magistero di Caritas in veritate.
© Gazzetta di Foligno – ROBERTO PRESILLA