Dialogo interreligioso: colloquio con Mons. Giuseppe Chiaretti
Eccellenza! Ad Assisi i leader di tutte le religioni della Terra si ritroveranno insieme in un consesso, dove saranno al centro due realtà: la verità e la pace. Per l’uomo contemporaneo che fonda il suo vivere sul relativismo, sembrano due mondi inconciliabili. Cosa ne pensa la Chiesa cattolica?
Traendo ispirazione dalle parole di Papa Giovanni XXIII definirei la pace come un tavolo a quattro gambe di cui la prima è certamente la verità. La verità è in intima connessione con la convivenza pacifica sorreggendone la struttura insieme agli altri tre pilastri: libertà, giustizia e amore. È evidente che dove non ci fosse anche solo uno di questi quattro sostegni, il tavolo di cui parliamo verrebbe a cadere. Ove non c’è verità, laddove regna l’inganno, non ci può essere pace autentica.
In un III millennio iniziato con le Torri Gemelle in fiamme e con il riaffacciarsi di un fanatismo ispirato a devianze religiose, qual è lo spazio e il ruolo delle religioni in questo momento storico?
La risposta più forte a questi focolai di fondamentalismo che originano non dalla religione, ma dalla violenza che alberga in un uomo impoverito, è proprio Assisi! Lo spirito di Assisi nato 25 anni fa dall’intuizione di Wojtyla, rende manifesta a tutti che i veri credenti in Dio vogliono percorrere, pur da sentieri diversi, la strada comune che converge verso il bene.
In un mondo in cui le stragi di cristiani e di credenti in Dio sono perpetrate con frequenza sempre maggiore, qual è lo stato di salute del rapporto con le religioni non cristiane?
Certamente c’è bisogno di un ulteriore impulso interreligioso perché con il dialogo si possono combattere quelle irrazionali atrocità commesse da “credenti” di varia provenienza. Inoltre le religioni potranno discutere temi urgenti quali la fame nel mondo, la crisi economica, il dramma di una finanza “di rapina”, la consumazione dell’ambiente, i processi di democratizzazione in atto, le condizioni dello sviluppo e tutto ciò che riguarda l’intera famiglia umana. Assisi 2011 dà testimonianza della consapevolezza che esiste tra le varie religioni nei confronti di un destino dei popoli che non può che essere quello di una condivisione pacifica.
Qual è il contributo di Benedetto XVI a quest’opera cominciata dal suo predecessore?
È prodigioso. Basti pensare alle due visite in Inghilterra e in Germania. Ratzinger ha messo in campo un approccio nuovo sia nei confronti degli anglicani, che dei luterani. Ha conquistato tutti, anche gli scettici, mettendo sul tappeto ciò che unisce come base di partenza delle relazioni ecumeniche, rispetto ai tentativi precedenti che per dialogare immaginavano di poter sciogliere prima i nodi. Ha fornito una grande prova di sapienza proprio in quella Erfurt che visse i tormenti più laceranti di Lutero verso la Chiesa cattolica.
Dopo questi viaggi in paesi a maggioranza protestante a che punto è il rapporto con le Chiese della Riforma?
Di strada ne è stata fatta! Si è trovata una terra comune nelle Sacre Scritture. C’è, infatti, ormai accordo pieno sulla lettura fondativa della Parola di Dio. Siamo alla stampa unitaria di Bibbia e Vangeli, pertanto il cammino percorso insieme alle altre due confessioni dei credenti in Cristo, l’ Ortodossa e la Protestante, è facilitato dalla comunione che si può creare intorno alla Bibbia. Così come per larga parte ci basiamo su un retroterra spirituale e culturale comune nel rapporto fecondo con i “fratelli maggiori” dell’Ebraismo, riscoperto dal Concilio Ecumenico Vaticano II.
Lo spirito del Concilio è in evidente fermento! Parliamo di Ecumenismo nei confronti dei Protestanti e degli Ortodossi! Partiamo da Lutero!
In questo campo Papa Benedetto ha ottenuto dei risultati incoraggianti. Il viaggio in Germania ha segnato il culmine di un processo di avvicinamento con i Luterani. Papa Ratzinger ha dato prova di una grande apertura leggendo positivamente il nucleo centrale di ogni confessione cristiana. Il Papa tedesco ha messo in evidenza, più che la vita fuori da certi canoni del monaco Agostiniano, il duro travaglio di fede che ha sofferto quell’uomo guardandolo da un punto di vista nuovo per la sua ricerca affannosa della verità. Sinceramente terrorizzato dal dramma del male, Martin Lutero ha vissuto un profondo turbamento interiore di cui il Pontefice ha apprezzato l’ansia di voler incontrare il Dio misericordioso.
Dunque ha messo in risalto quella che egli stesso ha definito la spiritualità luterana! E con gli Ortodossi?
Con loro ci uniscono tratti in comune anche dal punto di vista liturgico. Dal versante teologico come con i Protestanti, ci accomuna la fede in Gesù Cristo, vero uomo e vero Dio, morto e risorto per la nostra giustificazione, inserito nel Mistero Trinitario in quella casa unitaria abitata dallo Spirito.
E cosa ci divide allora?
Dai Protestanti ci divide la concezione della natura della Chiesa riguardo alla sua dimensione sacramentale e ministeriale, ma anche, oggi, temi etici di attualità come la visione dell’uomo e della famiglia. Con gli Ortodossi la divaricazione storica, più che teologica, è sul riconoscimento dell’autorità, anche se loro come noi, avvertono la necessità di una “sinodalità” di guida e insieme di un “protos”, che per i cattolici è il Vescovo di Roma quale successore, in quella sede, di Pietro, che fu la pietra di fondazione scelta da Cristo per la sua “Chiesa”! Per fortuna nella storia (in particolare post-conciliare) ci sono state delle variazioni che hanno anche riavvicinato le Chiese sorelle e in un produttivo dialogo tra confessioni si sono trovati molti accordi.
E nei confronti delle religioni diverse da quella del Redentore a che punto siamo?
La Chiesa Cattolica ha riconosciuto a tutti i credenti, non solo ai figli di Abramo, la tensione verso Dio. Per alcuni come i Buddisti e i culti dell’Estremo Oriente la ricerca si attua in una filosofia, per altre religioni come quelle degli Animisti si onora Dio nella natura e come principio primo della storia. Tutti in qualche modo agganciano al mistero di Dio il perché della vita, anche se spesso non vanno oltre la morte.
È questa dunque la differenza sostanziale tra chi crede in Cristo e chi ha altre religioni?
A noi cristiani è stato donato di riconoscere la dimensione della Resurrezione come rivelazione di una vita che si apre al mistero di Dio fuori dal tempo e dallo spazio e nell’amore al nemico. Ma la salvezza non è esclusivo appannaggio nostro. Proprio Cristo ha aperto una strada per tutti, come afferma il Concilio, anche per i non Cristiani. Nel profondo l’uomo è mente che pensa oltre la corporeità.
Da questa salvezza gli atei o chi non si riconosce in nessuna religione ne risulterebbero esclusi?
Certamente no! La grandezza di questo incontro che Papa Benedetto, nel solco di Giovanni Paolo II, promuove con una propria originalità è di aver sviluppato l’idea del Cortile dei Gentili, partita dalla cattedra dei non credenti con l’allora Vescovo di Milano Card. Martini, cioè di un luogo di confronto con gli atei. Anche i non credenti sono invitati ad Assisi e saranno parte non secondaria dell’incontro che con loro avverrà il 26 ottobre. Il Papa ha delegato a questo particolare compito il Card. Ravasi per un’opera di dialogo itinerante.
La Chiesa dunque non aspetta dall’alto di una cattedra, ma fissa un appuntamento specifico con i non credenti?
Già! E questo avviene a casa loro come è successo di recente in un paese che attraversa difficoltà, la Romania, ma che ha prodotto uomini di una grande umanità e profondità: basti pensare a figure come Ionesco, Eliade e Cioran. Quest’ultimo con il libro “La tentazione di esistere” ha provocato anche nella Chiesa una riflessione sul modo di affrontare l’esistenza di un non credente, tanto che oggi ci si chiede se opere espressive come le sue non siano manifestazioni di una faticosa ricerca di Dio più che di un vero rifiuto!
Assisi crocevia di diverse riflessioni sull’uomo! Ci potrà essere però il rischio di sfociare in un sincretismo vago?
Non credo! Perché nel sincretismo si cade solo se interlocutori non autorevoli si lasciano andare a una sciatta faciloneria del “volemose bene”. Ritengo invece i protagonisti di Assisi 2011 figure alte. Inoltre teniamo ben presenti, senza rimuoverle, le difficoltà che permangono con alcuni: l’Islam ad esempio è indietro nella scoperta del valore della libertà, ed è nel pieno del chiarimento che i Cristiani hanno già avuto a partire dal Medioevo, con la dimensione culturale e socio-politica. L’Induismo invece consta di rigidi steccati sociali. Con entrambi c’è comunque un dialogo.
Come guarderemo al mondo dopo il 27 ottobre?
Con fiducia! La speranza è di poter fare un salto in avanti nella storia con la certezza che la preghiera dei credenti in Dio farà sentire il mondo una volta tanto più unito, rispettando le identità senza false uniformità che impoverirebbero la ricchezza delle differenze, ma in un cammino vero verso il bene e la pace.
© gazzetta di Foligno – AGOSTINO CETORELLI