Visita Pastorale Unità Pastorale Giovanni Paolo II
Resoconti, impressioni, storia delle parrocchie e realtà attuale
In dialogo con lo sguardo di Colui che invia
Per scoprire il volto della comunità il Vescovo Gualtiero ha dato grande spazio all’incontro personale con i singoli parrocchiani, ponendosi in ascolto di quanti lo hanno voluto incontrare, accogliendo le storie, i dubbi, i problemi, i tanti perché, cercando lo sguardo dell’interlocutore, infondendo con il sorriso la fiducia in Cristo, la perseveranza nella preghiera, la speranza nella Resurrezione. Gli occhi del Vescovo hanno fissato i nostri e lì, in quello sguardo abbiamo riconosciuto Colui che invia. In quei momenti di colloquio confidenziale abbiamo incontrato il nostro Pastore, più segno visibile che rappresentante, più presenza efficace che mediatore. Si è chinato con premura su questo gregge, ci è venuto a cercare, ci ha ascoltato con stupore, ha dialogato con l’ariete più volitivo così come non ha fatto mancare la carezza di Cristo all’agnellino più indifeso. Spendendosi nel colloquio personale ci ha ricordato il privilegio della nostra fede che è essenzialmente l’incontro con una Persona che ha una notizia bella da comunicarci e non può tacerla, perché è la Verità.
© Gazzetta di Foligno – Anna Maria Ninassi
Il Vescovo incontra il Consiglio pastorale
L’incontro di S.E. Mons. Gualtiero Sigismondi con il Consiglio Pastorale svoltosi all’inizio della sua visita è stato un momento di riflessione e di confronto non tanto sulle soluzioni organizzative che questa grande e complessa tessera della nostra Diocesi sta percorrendo, ma sui temi più critici di tutte le nostre realtà ecclesiali, sui quali forse troppo di rado ci si interroga: il “tenore spirituale” della comunità e tutti gli aspetti ad esso connessi, celebrazioni liturgiche, catechesi, sacramenti, momenti di preghiera, tutto questo in relazione all’evento che 2 anni fa ha segnato un passaggio determinante nella storia di queste 5 parrocchie, la nascita del complesso della Chiesa di S. Paolo in via del Roccolo, diventato il centro pastorale della comunità. In un contesto così articolato e in continua evoluzione, è emersa l’esigenza di sottolineare con forza il primato dell’evangelizzazione e della preghiera come elementi imprescindibili per far crescere una comunità orante, realizzare un’unità sostanziale e armonizzare le diverse componenti che la caratterizzano. L’urgenza di aiutare a vivere la dimensione cristiana nella “ferialità” e di fare una proposta a tutti, dalle famiglie della zona cittadina a quelle della campagna, è una difficoltà forte che chiama all’impegno tutti gli operatori pastorali. L’abbondanza da una parte di tradizioni religiose e l’assenza dall’altra di una frequentazione assidua e consapevole di alcuni sacramenti spinge tutti a fare un bilancio e una lettura attenta in vista di future scelte. Il Vescovo ha sottolineato il valore dell’ascolto della Parola e l’importanza di concentrarsi su questa priorità della fede, senza aver paura di fare qualche iniziativa di meno e testimoniando una presenza in tutte le 5 realtà che compongono l’unità pastorale. A distanza di 2 anni dalla dedicazione della Chiesa di S. Paolo, elemento di snodo della difficile ed entusiasmante avventura pastorale che coinvolge tale zona, e che ora ne è diventato polo attrattivo, il Vescovo ha invitato a guardare con gli occhi della fede il percorso di questa unità pastorale sottolineando che i suoi strani confini non sono di certo frutto di una scelta storica o geografica, dunque rispondono ad un’altra logica, ad un disegno non fatto da mani d’uomo ma tracciato dal Signore. Questa sfida, ripetuta più volte nel corso della visita pastorale, ci è giunta come una spinta a continuare il cammino con cautela, speranza e fiducia.
© Gazzetta di Foligno – Simona Lazzari
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Pinocchio in musical
C’era una volta… un burattino!
In scena i giovani dell’Unità Pastorale Giovanni Paolo II
C’era una volta… un pezzo di legno! Un burattino dal naso lungo, un “figlio perfetto”, per la precisione. Il resto si può tralasciare. Infatti, l’incipit sta solo a ricordare la storia più famosa del mondo, quella de Le avventure di Pinocchio, che i ragazzi dell’Unità Pastorale Giovanni Paolo II hanno portato in scena sabato e domenica 21 e 22 maggio al teatro San Carlo. Sulle musiche del famoso spettacolo “Pinocchio, il grande musical”, i giovanissimi, in chiusura della visita pastorale del Vescovo, si sono cimentati, superando se stessi, nella fiaba di collodiana memoria. Rigorosamente in playback, lo spettacolo è arricchito da musiche dirompenti e toccanti, curatissime scenografie, vivaci coreografie e oltre cinquanta sgargianti costumi; il tutto sorretto da un grande impegno comunitario. Ma quello che desta più stupore è la simbiosi tra personaggio e interprete. Lo stesso Pinocchio, interpretato da Michele Natalizi, Matteo Nardi e Filippo Reali è l’insieme di favola e realtà. Giovani che con parole musicate esprimono se stessi, le loro amicizie e la loro unione. “Un vero amico ti resta vicino, nel bene e nel male. Se c’è un amico c’è sempre speranza di un’altra occasione”. Quello che è un notissimo personaggio di finzione, Pinocchio, pur essendo morfologicamente più simile a una marionetta, diviene il portavoce di molti sentimenti umani. Sulla scena ognuno di questi giovani incarna delle emozioni vissute in prima persona. Non si può svelare tutto, perché il bello è vederlo, ma aspettatevi la serietà di una compagnia teatrale: alberi che si spezzano, specchi magici, sirene e tanti ma tanti pinocchi. E ancora: il pinocchio “galleggiante” (vedere per credere), la balena, lucignolo (Elia Baliani), il narratore (Nicola Alpaca), la Fata Turchina (Benedetta Bovini), il Grillo Parlante (Sofia Lucia Mondo), Mangiafuoco (Paolo Goffredo Ricci) e i fantastici “Gatto & Volpe s.p.a.”, interpretati da Samuel D’Alessio e Michela Ricci, e un folto corpo di ballo guidato dalle coreografie di Lucia Dionigi. Bisogna riconoscere che quello dell’Unità Pastorale è un nuovo o diverso modo di far Chiesa. “Ma che splendida famiglia, una vera meraviglia!”, cantava Geppetto (David Baldaccini). Con il teatro e il musical si apre uno scenario educativo allo stesso tempo tradizionale e moderno. I valori e gli insegnamenti spesso impartiti nella catechesi si ritrovano tra le scene di questa rappresentazione. Ciò che deve essere insegnato ai giovani (nella teoria), è stato innanzitutto da loro vissuto (nella pratica) grazie al lavoro dei parroci e degli educatori. Quale miglior modo esiste se non quello di quello di toccare con mano il vero contenuto delle parole impegno, amicizia, fatica, comunità e famiglia? Chi ha avuto il coraggio di scommettere su questo modus ecclesiale, sabato e domenica è stato premiato. Il risultato ha fatto scoppiare tante bolle di sapone, ha rotto e rovesciato il ritornello “i giovani non hanno voglia di far nulla”: per chi vuole provare a cambiare idea l’1 e il 2 giugno si replica, alle 21.15 sempre al Teatro San Carlo. Un grazie ai tanti ragazzi, oltre a quelli citati, che hanno partecipato allo spettacolo. Un altro al sincero e instancabile lavoro di Don Giovanni Zampa, Don Antonio Ronchetti, Valentina Sciabordi, Leonardo Presilla, Davide Antonini, Jacopo D’Alessio, Sergio Rufinelli, Roberto Tardioli, Fabiola Bartocci e a quanti spendono così tante energie per i nostri ragazzi.
© Gazzetta di Foligno – Sonia Ricci
Pionieri, verso una nuova dimensione ecclesiale
Più volte nei diversi incontri di gruppo o personali con i ragazzi e con i giovani durante la Visita Pastorale è risuonata sulla bocca del Vescovo la parola “pionieri”. È evidente che l’immagine si riferisse all’avanguardia che le nuove generazione rappresentano nella costituzione e nella crescita dell’Unità Pastorale Giovanni Paolo II. Questa esperienza ha nel suo dna dei giovani precursori, ovvero quei giovani preti che dalla metà degli anni settanta in poi hanno esplorato in quelle parrocchie i primi sentieri della “pastorale d’insieme”, o “integrata” come la definisce il magistero del nuovo millennio. Pionieri si nasce e si cresce: infatti, la frequente celebrazione dei battesimi nella varie parrocchie dell’Unità Pastorale, mostra in forma “embrionale” come già dai primi vagiti della fede si camminerà insieme. Il Vescovo ha potuto sperimentare con grande allegria e stupore come già le scuole dell’infanzia e le scuole elementari siano per i piccoli delle reali aule di una unità pastorale di fatto, come per i docenti e operatori siano dei corridoi privilegiati, e come per le famiglie siano delle provvidenziali palestre di accesso alla nuova dimensione ecclesiale. Dal 2004 il catechismo è vissuto comunitariamente e reso manifesto dalla celebrazione unica dei sacramenti dell’iniziazione cristiana. Di certo i più piccoli possono trovare nei giovani un modello e un esempio, insieme a quegli anziani che da sempre sono le sentinelle di una realtà ecclesiale e sociale in progressivo e inevitabile cambiamento. Questi insegnano come, soprattutto negli ultimi dieci anni, hanno saputo lavorare per trasformare la “disavventura” in “avventura”. I giovani hanno l’elasticità e la dinamicità dei cambiamenti, e gli anziani l’esperienza e la saggezza di riconoscere ciò che sia veramente eterno e ciò che debba necessariamente mutare. Novità e antichità costituiscono il buon tesoro che ogni vero pioniere ogni giorno cerca per sé e per gli altri. Grande fatica e molta titubanza frena le generazioni intermedie, quelle che già alle prese con la frenesia della vita quotidiana, chiedono maggior stabilità e sicurezze o non accettano l’evidente declino che alcune forme di attività o prassi pastorali tradizionali stanno subendo. Essere pionieri richiede sicuramente anche la capacità di saper trovare nuove frontiere di comunione e collaborazioni tra diverse generazioni, quelle che, come recita il Magnificat, chiamano “beata” chi vive nell’umiltà e quelle sulle quali si stende la misericordia di Dio.
© Gazzetta di Foligno – GC
Notizie storiche
Le origini di questa Unità pastorale rimandano agli anni 1989-1994, quando il parroco di Fiamenga, Don Giovanni Nizzi, fu incaricato anche della parrocchia di Budino, e poi nel 1994 anche delle parrocchie di Maceratola e Cave; sorse così la “Comunità interparrocchiale di Budino, Cave, Fiamenga e Maceratola”, cioè di tutte le parrocchie della campagna nord di Foligno.
Il 2003 Don Carlo Maccari lasciò questa Comunità interparrocchiale, che fu affidata a mons. Luigi Filippucci. Questi, parroco di S. Giacomo in città, creò espressamente, nel 2003, l’“Unità Pastorale Giovanni Paolo II”, mettendo insieme la Comunità interparrocchiale della campagna nord folignate con la parrocchia urbana di S. Giacomo.
Dunque questa Unità pastorale nacque da una precisa e non prevista emergenza pastorale. Come è stato scritto, “il casus belli fu ancora una volta il trasferimento di un parroco”.
Nel 2005 si ebbe un altro spostamento di parroci: mons. Filippucci andò a S. Eraclio e fu sostituito nella “Giovanni Paolo II” da Don Giovanni Zampa. Poi, nel 2009, è venuto ad aiutare Don Giovanni, come parroco in solido, Don Antonio Ronchetti. Mons. Alessandro Trecci, che da lunghi anni serviva la parrocchia di Budino, è rimasto come vice-parroco. Collaboratori preziosi sono i diaconi permanenti Nikita Chiocchi e Michele Iula. Intanto nel 2009 veniva consacrata la nuova chiesa di S. Paolo Apostolo e quindi l’Unità pastorale “Giovanni Paolo II” trovava un preciso fulcro geografico. Questa è una sua pecularità, che va unita al fatto positivo che i suoi presbiteri vivono in comunità: è così giustificato e attutito il pericolo di mettere in ombra le antiche identità delle parrocchie componenti.
Gli abitanti di questa Unità pastorale sono circa 9.000.
La chiesa cittadina di S. Giacomo esisteva già nel 1210, in quanto ricordata in una bolla di Innocenzo III diretta al vescovo di Foligno Egidio. Nel 1273 il vescovo Paparone dei frati minori domenicani l’affidò ai Servi di Maria, i quali la ressero per più di sette secoli, fino al 1994. La parrocchia di S. Giacomo contava, agli inizi del secondo decennio del Novecento, 2150 abitanti; nel 1940 salirono a 3300; nel 1985 salirono ancora a 5090; nel 2009 se ne contavano 5300, ma nell’Avvento dello stesso anno, circa 250 abitanti sono stati inseriti nella parrocchia della Cattedrale. La qualità spirituale di questa parrocchia, tra Ottocento e Novecento, consisteva nel diverso comportamento dei suoi abitanti dentro o fuori le mura della città, in quanto i primi, soprattutto gli uomini, si mostravano pigri nella pratica religiosa, invece i contadini di fuori città erano più assidui e fedeli.
La “terra” di Budino è ricordata nelle Carte dell’abbazia di S. Croce di Sassovivo nel 1091. La chiesa di Budino, dedicata ai Santi Primo e Feliciano martiri, fu antica sede pievale e fu ricordata anche nella bolla di Innocenzo II del 1138. L’annus horribilis di questa parrocchia fu il 1832, quando un gravissimo terremoto distrusse non soltanto la chiesa, ma l’intero paese, situato nell’epicentro del sisma; l’attuale chiesa parrocchiale appartiene dunque al terzo decennio del secolo XIX. Questa parrocchia contava, agli inizi del secondo decennio del Novecento, 500 anime; poi nel 1940 ne contò 600; nel 1985 scese a 380; nel 2010 scese ancora a 373. Don Lorenzo Bernardini, rimasto a Budino per 24 anni (1965-1989) ha lasciato uno speciale ricordo di dedizione pastorale. Un parroco successore elogiò “quella comunione di intenti che animò Don Lorenzo e i suoi parrocchiani in tante iniziative pastorali e sociali”.
Una chiesa dedicata a S. Michele a Cave è ricordata nel 1239, nella Sentenza del cardinale Raniero Capocci, riguardante la ripartizione delle spese occorrenti per la burocrazia papale. Ma la località di Cave appare nelle carte del monastero di Sassovivo già nel 1190. Nel 1873 il paese di Cave aveva appena 93 abitanti, un po’ meno di quanti ne aveva nel 1573, in occasione della Visita apostolica del vescovo Pietro Camaiani. Questa parrocchia, agli inizi del secondo decennio del Novecento, arrivò a contare 276 anime; nel 1940 ne contò 328; nel 1985 salì a 408; nel 2010 è ridiscesa a 350, tuttavia sembra che in un prossimo futuro l’addensato urbano crescerà, trasformando il paese di Cave in zona periferica di Foligno.
La chiesa di Fiamenga, intitolata a S. Giovanni Evangelista, è molto antica. Nel 1078 fu menzionata in una bolla del vescovo Bonfilio; poi in una bolla del 1138 del papa Innocenzo II, diretta al vescovo di Foligno Benedetto e riguardante i confini del suo vescovado. Allora si chiamava già “pieve”, vale a dire chiesa parrocchiale dotata di fonte battesimale e provvista di chiese succursali. Gli abitanti in questa parrocchia, agli inizi del secondo decennio del Novecento, erano 871; poi nel 1940 erano 1120; nel 1985 scesero a 980; infine nel 2010 sono 990. Il parroco che ha studiato meglio la storia di questa parrocchia fu Don Feliciano Marini, che rimase a Fiamenga dal 1911 al 1927. Lui capì meglio di altri lo spirito di questa parrocchia, studiandone soprattutto le devozioni e le feste. Tra i parroci di Fiamenga bisogna ricordare Don Angelo Merlini, ucciso dai partigiani comunisti sulla soglia della casa parrocchiale il 21 febbraio 1944; fu un trauma per questa comunità parrocchiale.
Il toponimo di Maceratola è ricordato, come “curia”, nelle Carte dell’abbazia di S. Croce di Sassovivo nel 1102. Una chiesa dedicata a S. Stefano in Maceratola è ricordata nel 1239, nella Sentenza del cardinale Raniero Capocci, riguardante la ripartizione delle spese occorrenti per la burocrazia papale; la chiesa di S. Stefano dipendeva dalla pieve di Budino. Questa parrocchia contava, agli inizi del secondo decennio del Novecento, 372 anime; nel 1940 salì a 400 anime; nel 1985 crebbe a 705 anime; nel 2010 ne conta 715. Un parroco significativo di Maceratola fu Don Giuseppe Morlupi (1905-1970), che ebbe questa cura d’anime dal 1945 al 1970; la sua semplicità di tratto fu pari alla generosità del suo cuore: ambedue notevoli. La popolazione di Maceratola lo capì e lo amò.
© Gazzzetta di Foligno – DANTE CESARINI
La realtà attuale
Nel territorio dell’U.P. insistono le chiese parrocchiali di S. Paolo Ap., via del Roccolo, dei Ss. Primo e Feliciano, a Budino, di S. Michele Arc., a Cave, di S. Giovanni Ev., a Fiamenga, di S. Stefano, a Maceratola, gli Oratori di Maria S.ma Assunta e di S. Maria della Vittoria e il Santuario della Madonna delle Grazie.
Vi operano d. Giovanni Zampa, d. Antonio Ronchetti e mons. Alessandro Trecci; collaborano con loro i Diaconi Michele Iula e Nikita Chiocchi e un gruppo di Ministri straordinari della Comunione.
Dalle risposte alla parte del questionario della V. P. di Mons. Gualtiero Sigismondi, relativa all’annuncio del Vangelo, dopo l’accenno alla necessità di “ritrovare il senso della fede nelle varie attività tradizionali”, si apprende che vengono proposti itinerari di formazione sia ai ragazzi del “dopo-Cresima che ai giovanissimi, settimanalmente dalle 18 alle 22”; per i giovani oltre i diciotto anni, si tiene una riunione mensile; per gli adulti ci sono incontri quindicinali di spiritualità e “tutti i martedì, la lectio sul Vangelo della Domenica”.
Nella parte liturgica del fascicolo, viene segnalata la presenza del Coro e degli strumentisti; poi, fra l’altro, si osserva: “solo coloro che frequentano assiduamente e partecipano alla catechesi hanno consapevolezza dei riti”; per il Battesimo c’è “una crescente preferenza per la celebrazione durante la Messa comunitaria”; il Triduo “si svolge in tutte le chiese parrocchiali, salvo l’unica Veglia a San Paolo”.
Riguardo alla Riconciliazione, si fa presente che “d. Alessandro è tutte le mattine disponibile”, e che le celebrazioni comunitarie vengono proposte “4 volte l’anno, in occasione dei Tempi forti e della celebrazione della Comunione e della Cresima”.
Per la preparazione al Matrimonio, si tiene un corso annuale e vengono proposte “attività per far vivere la vita ordinaria della comunità”; le famiglie in crisi coniugale o irregolari, sono seguite “pastoralmente dai parroci e da alcuni laici più sensibili, specie dall’équipe del Corso per fidanzati”.
Alla domanda se le processioni, che si svolgono nelle varie parti dell’U.P. sono una manifestazione di fede e aiutano a vivere un’esperienza ecclesiale, si risponde: “Per pochi. Si sta cercando di rievangelizzarle”.
Nella parte: Come siamo Chiesa?, si legge che nell’U.P. si manifesta “un evidente interesse per la vita diocesana in tutti i suoi uffici e settori”, e che sono presenti l’A.C. Adulti, con “circa un centinaio di iscritti, ma quasi tutti anziani”, e “un nascente scautismo” dell’AGeSCI .
A proposito del Cons. Presbiterale, si annota: “Deve avere maggiore responsabilità con il Vescovo sulla vita pastorale diocesana”; per quanto riguarda il Cons. Past. Dioc., si auspica che “sia più operativo” e degli Uffici Past. si dice: “Sono troppi e con troppe iniziative tendono a sostituirsi alle parrocchie”.
Sui mezzi di comunicazione si scrive: “La Gazzetta è ritenuta troppo impegnativa nei contenuti e nella grafica. La Radio è poco conosciuta. Il Sito è poco aggiornato, salvo il magistero del Vescovo”.
Nell’ultima parte del fascicolo si fa notare che nell’U.P., per lo sviluppo socio-culturale, “Si collabora strettamente con le associazioni e le Pro-loco della zona”.
Da parte sua, la Caritas, che “opera quotidianamente nei singoli casi e con il Centro di ascolto settimanale”, cura la formazione alla carità con “ varie iniziative, durante l’anno, specialmente la seconda domenica del mese”; le espressioni di solidarietà di respiro mondiale vengono logicamente portate avanti, “in collaborazione con l’Ufficio Missionario”; inoltre: “Costantemente vengono promosse attività di volontariato”.A conclusione di questa sintetica nota, riportiamo un suggerimento, presente nella Parte Seconda del questionario, circa l’attività dei Diaconi e dei Laici, e con alcune osservazioni relative alle Zone e alle U.P.
Sul primo argomento si afferma: “Si ritiene opportuno un maggior coinvolgimento, ma non l’assegnazione di incarichi diretti o autonomi”; in merito al secondo, sottolineato che l’U.P. “risente fortemente delle diversità sociali e tradizionali tra città e campagna”, vengono sinteticamente elencati i problemi emergenti: “Coniugare tradizione e fede. Mancanza del senso della comunità. Campanilismo. Secolarizzazione. Problemi sociali di integrazione”; sono, poi, date queste concrete indicazioni: “Rivedere i confini con S. Maria Infraportas, S.mo Nome di Gesù e Scafali. Rendere l’U.P. un’unica parrocchia”; si incoraggia, infine, la formazione di U.P. in tutto il territorio della Diocesi, “come passaggio per la ridefinizione del numero delle parrocchie”.
© Gazzetta di Foligno – SERGIO ANDREOLI