Allenatori della libertà
Il Vescovo Gualtiero Sigismondi illustra gli orientamenti pastorali della CEI
In una Sala della Misericordia gremita, venerdì 1 aprile il Vescovo Gualtiero ha proposto una lettura “trasversale” del documento “Educare alla buona vita del Vangelo, Orientamenti pastorali per il decennio 2010-2020”, con il quale i vescovi italiani hanno inteso “offrire alcune linee di fondo per una crescita concorde delle Chiese in Italia nell’arte delicata e sublime dell’educazione”.
L’incontro, organizzato dal Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale in collaborazione con l’Azione Cattolica e i Convegni di Cultura Maria Cristina, si è tenuto in un momento “caldo” nel dibattito sul ruolo educativo della scuola statale (accogliamo la lezione di Vittorio Peri, che suggerisce di non chiamarla “pubblica”), ma il nostro Vescovo, come sua consolidata abitudine, si è mantenuto lontano dai pantani della stretta attualità, per muoversi invece lungo i vasti confini dell’orizzonte, là dove cielo e terra sono più vicini allo sguardo.
Potremmo dire che la “password” con la quale il Vescovo ha “aperto” il documento della CEI è “relazione-educativa”. Partendo dall’irrinunciabile centralità della famiglia, passando per il ruolo della parrocchia e terminando col profilo dell’educatore, il nostro Pastore ha soprattutto disegnato atteggiamenti e sensibilità che hanno fatto emergere i tratti essenziali di quella specialissima cura degli altri che chiamiamo educazione.
Proverò ad estrarre solo qualche gemma dallo scrigno di immagini e suggestioni che il Vescovo ha aperto al foltissimo gruppo di cittadini che si sono raccolti al San Carlo per ascoltarlo.
“Un vero educatore rimane discepolo”. Ogni educatore sa di non essere il termine del percorso educativo, indica un “oltre”, non crea legami di dipendenza, brama che lo sguardo del discepolo si volga presto verso il vero Maestro. Ma non solo. Senza la comprensione “adulta” del proprio cammino di discepolato, senza una visione chiara del proprio percorso educativo, non è possibile svolgere alcuna missione educativa. Chi non è “in cammino” non può nemmeno accompagnare altri “nel cammino”.
“L’educatore è un allenatore della libertà”. Vi è una strada tra il permissivismo e l’autoritarismo, più che una strada direi che è una pista. Lungo di essa le regole si affermano per amore e non per paura, la voce non riempie ogni angolo di silenzio, la pazienza si alimenta della speranza. L’atteggiamento di chi percorre questo sentiero è quello della vigilanza e dell’accompagnamento, piuttosto che del controllo e della protezione. Chi si mantiene lungo questa traccia, mentre si preoccupa di non limitare la libertà, si adopera soprattutto affinché questa venga illuminata dalla verità.
“Non si può essere educatori se non si «perde tempo»”. L’educazione è una delle massime forme di dono di sé, perché non prevede contraccambio, si alimenta della generosità più pura, che sopravvive solo nella gratuità. Nessuna semina ha tempi di raccolta così nascosti all’uomo come la semina educativa. Nessuna attesa di risultato tangibile o di appagamento personale giustifica l’investimento.
© Gazzetta di Foligno – VILLELMO BARTOLINI