Lo smarrimento della politica nelle contraddizioni delle norme
Le scelte di politica economica e fiscale dall’inizio dell’emergenza Covid-19 hanno evidenziato lo smarrimento della classe politica in questa battaglia epocale. Le complesse postille antindustriali, incostituzionali, rintracciabili nei diversi decretine sono la prova.
È imbarazzante quanto previsto dall’art. 1, c.2 lett. l) del decreto liquidità. La norma infatti stabilisce che l’accesso al credito da parte delle aziende, ed oggi il sistema bancario “eroga” solo se vi è la garanzia dello Stato, sia subordinata all’impegno di gestire livelli occupazionali attraverso accordi sindacali, attribuendo così ai sindacati un potere di veto sui licenziamenti senza alcun tipo di limitazione, neanche temporale.
L’attribuzione di ruoli e poteri di “controllo” o di “certificazione” ai sindacati, che di imprenditoria ne capiscono ben poco, rappresenta non solo una pericolosa deriva, ma anche un freno illegittimo alle decisioni imprenditoriali. L’azienda che accederà al credito dovrà considerare il rischio di futuri contenziosi ogni qualvolta sarà costretta ad un licenziamento nel caso non raggiungesse gli “accordi sindacali” imposti. Tutto questo in barba all’art. 41 della Costituzione che riconosce e legittima la libertà di iniziativa economica privata, sia al fine di intraprendere un’attività economica, sia al fine di organizzarne le risorse umane e materiali necessarie per svolgere tale attività.
Una norma che rischia di essere un ingiustificato freno alla ripresa e una preoccupante proiezione di lungaggini processuali e di rivendicazioni sindacali porteranno le aziende, che hanno dovuto rinunciare ad una fetta della propria libertà decisionale in cambio di aiuti per il lockdown imposto, a stare sotto schiaffo dei sindacati,generando così un significativo divario competitivo rispetto alle aziende che non hanno avuto bisogno di aiuto.
I diritti dei lavoratori devono essere tutelati ma non a discapito dei diritti che garantiscono la libertà di impresa, o la stessa impresa non avrebbe senso di esistere.
Così, a causa dei numerosi proclami che richiamano remoti pregiudizi anti industriali che i troll cavalcano astutamente sui social network, alimentando un clima di disprezzo e odio, l’iniziale delusione delle categorie industriali e professionali sta convergendo verso la tensione sociale.
Vista la voragine del PIL annunciata se le scelte del Governo “smarrito” affossassero l’economia impedendo la ripresa economica e, come si stima, centinaia di migliaia di aziende chiuderanno senza riaprire, chi tutelerà chi?
GIOVANNI BERTI, Dottore Commercialista