L’officina della Persona
Mamme e bimbi arrivano alla spicciolata, affrettandosi.
Appena guadagnano il cortile dell’oratorio il passo rallenta e raggiunti dalla voce energica di don Luigi Filippucci, che li accoglie con un grande sorriso e li esorta a raggiungere gli altri, entrano con i loro amici.
Sto per descrivere quello che, senza enfasi, può essere definito l’atto più rivoluzionario e più nobilmente politico che il nostro territorio conosca: il servizio dell’oratorio parrocchiale “Don Mariano” dell’unità pastorale Cancellara-Sant’Eraclio. Un “esperimento sociale” unico nella nostra Diocesi, come credo nel resto della nostra regione.
Rivoluzionario perché cinquanta bambini ogni giorno vengono accolti, intrattenuti e aiutati nei compiti da almeno dieci volontari, che donano loro gratuitamente il proprio tempo.
Politico perché incide fortemente nella vita della comunità, offrendo un servizio gratuito (a contributo volontario) ogni giorno dal lunedì al venerdì dalle 14.30 alle 19.30. Assicurando a tanti genitori lavoratori – senza supporto familiare – la possibilità di lasciare i figli ad una comunità accogliente fino al loro ritorno.
Il progetto oratoriale in diocesi ebbe inizio con il vescovo Arduino Bertoldo 15 anni fa ricevendo una determinante implementazione durante il sinodo dei giovani nel 2008, grazie alla sensibilità e progettualità del vescovo Gualtiero Sigismondi. Allora infatti nacquero il progetto Cittadini del Mondo (2007) e il progetto educativo degli oratori parrocchiali (2008).
Al primo oggi aderiscono quasi 1.500 studenti delle scuole elementari, medie e superiori e ha come obiettivo la custodia del Creato e il senso della partecipazione alla realizzazione della democrazia.
Il secondo progetto, quello oratoriale è destinato a tutti i bambini; non solamente a quelli della parrocchia di San Pietro Apostolo in Sant’Eraclio; “Fare i compiti e giocare per la bellezza” è lo slogan sui moduli di iscrizione.
Me ne parla il suo ‘motore’, il vulcanico don Luigi Filippucci.
“Dico sempre che accanto al vangelo va la Costituzione: ai ragazzi dell’oratorio – dice – abbiamo dato entrambi, perché non può esserci un vangelo senza la Costituzione. Che è l’espressione più alta del vivere, è la garanzia della libertà. E l’uomo ha bisogno di libertà, di essere libero. Per fare questo deve vivere in società”.
Non chiamatelo semplicemente oratorio, dunque. Qui libertà e responsabilità sono due concetti basilari.
“Creare l’oratorio – spiega don Luigi – significa essere responsabili sul territorio; responsabilità significa partecipazione alla crescita totale della Persona. A cosa devo far attenzione nella crescita di un bambino? A come si veste, se mangia o se non mangia? Questo è un grado troppo basso… La politica deve alzare il tiro da questo punto di vista”.
Don Luigi ha ben chiaro il concetto di politica che “è cosa nobile”, se non ci fosse la quale “non si potrebbe riuscire a vedere la carità”. “Su questo – afferma – farei un bel dibattito pubblico, perché la carità non è della religione. La carità è dell’uomo, è nobiltà. L’uomo è un essere nobile. Come credente lo sottolineo ancora di più, perché nella Bibbia la creazione dell’uomo è definita cosa molto buona (Gen 1, 31)”.
Come hanno cambiato questa comunità quindici anni di intensa vita oratoriale? Don Luigi mi invita a guardare con i miei occhi: “Senza usare la parola ‘integrazione’ – che personalmente abolirei – qui una presenza leale, senza ‘possedere’ ideologie e persone, ha portato all’incontro. Certamente c’è ancora molta strada da fare ma non scorgerai distinzioni abominevoli fra italiani e non italiani. Qui ci sono i nostri ragazzi, che sanno guardarsi, sanno giocare, litigare, sanno prendersi per mano e gioire insieme. Senza distinzioni. Questa è una via per l’avvicinamento fra loro anche degli adulti, dei genitori. I bambini si sono fatti rete creando unità fra di loro”.
Dai bambini rinasce dunque la comunità: siamo sempre pronti ad indicare nei più piccoli la speranza di un domani migliore. Qui queste parole si traducono in fatto.
Ma insieme alla gioia di vedere questa crescita c’è anche una certa solitudine e la ricerca di aiuto: “Non esiste una presenza che aiuti a sviluppare questi segnali di autentico progresso” confessa don Luigi.
Una parte di questa comunità si è fortemente impegnata nel ruolo di educatori volontari. “Se non ci fossero loro – spiega – nulla di tutto questo sarebbe possibile. Io ho captato e fatta mia l’esigenza di due madri che mi hanno spiegato come fosse necessario avere supporto per più di due ore al giorno con i loro figli. Oggi tocca a noi rispondere, o meglio: essere partecipi. Perché non sono del parere di dover aiutare la gente, semmai di camminare con loro. D’altronde me lo ha insegnato Gesù Cristo: non fa i miracoli ma cammina con la gente. Camminando con la gente realizzi il superamento dell’egoismo e del personalismo”.
Guardando al futuro il desiderio di don Luigi è quello di realizzare una sinergia con i pensionati. “Per incontrare, raccontare, narrare insieme, altrimenti la storia non si fa. Altrimenti la nostra storia la perdiamo” dice.
Accanto a lui Piera Ottaviani, ex comandante del locale Corpo di Polizia Municipale, ora in quiescenza, aggiunge: “Posso dire che una parte di questo già c’è: da quando sono qui trovo che sia un momento di crescita anche per noi che affianchiamo i bambini. Stando con loro li vediamo crescere e siamo coinvolti in questo processo. Ci piacerebbe far conoscere a tutti questa realtà che neanche in paese è ben nota. Magari coinvolgendo anziani pensionati come me, che hanno tempo a disposizione”.
Piera indica tra le cose più belle vissute qui “l’unione fra i bambini che non percepiscono differenze: in questo insegnano a noi adulti. I ragazzi – conclude – ci guidano in un discorso di rete necessaria: vorremmo che l’amministrazione comunale ne prendesse atto, aiutandoci anche attraverso una presenza costante. Per capire perché lo facciamo e quali sono i risultati”. Manca, alla descrizione di questa bellissima realtà, un’altra parola, che pure traspare evidentemente: la presenza.
“Come adulti – afferma don Luigi -questo è un modo per dimostrare che crediamo al futuro, perché stiamo con i piccoli. Il termine ‘oratorio’ vorrei cancellarlo perché non ha senso; ha senso piuttosto offrire la propria presenza e lavorare per compiere il nostro essere, dando la possibilità ai bambini di rispondere, un giorno, alla domanda: “Chi sei tu?”. Noi dobbiamo essere garanzia per il loro cammino, esserci. Ai ragazzi più grandi di 16, 18 anni, ho chiesto di aiutarci con i piccoli e non è facile coinvolgerli, però stanno cominciando… allora l’oratorio diventa un’officina per sé stessi”.
Una realtà collegata al territorio e alle associazioni, che in questi giorni è al lavoro con il Carnevale dei ragazzi; i bambini stanno preparando i balli e la sfilata. Anche in estate l’oratorio è gioco, gite e intrattenimento, non lasciando mai sole le famiglie.
Un prezioso investimento sulla Persona portato avanti in totale autonomia, partecipato dalle famiglie che vogliono (e possono) dare un contributo e che per l’Unità pastorale è un impegno economicamente gravoso, offerto pressoché tutti i giorni dell’anno.
Un esperimento di libertà e crescita sociale che meriterebbe aiuto, sostegno e vicinanza da parte di enti e aziende del territorio, per sviluppare questo difficile e bellissimo esercizio di crescita condivisa.
FEDERICA MENGHINELLA