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Tra ricordi e acquolina in bocca

Claudia Di Meo con il suo agile libro “Umbria a tavola con la nonna” parla, a mio parere, a tre tipi di lettori: il primo che “guarda” subito le ricette e le soppesa; uno che legge prima la presentazione storica che Lei premette, piena di ricordi e sapori sognati; l’ultimo tipo è quello che legge la premessa e poi gusta con la fantasia, passo per passo, la preparazione della ricetta ed il suo arrivo in tavola. Io appartengo al terzo tipo.

Sono entrato con la sua memoria nella mia quando, avrò avuto 4-5 anni, mia madre affaccendata a preparare il pranzo, mi coinvolgeva, per farmi stare accanto a lei, nella preparazione degli gnocchi di patate. Come fosse un gioco mi dava un pezzo di pasta e mi invitava ad imitarla nel tagliare lo gnocco e nel farlo sfilare velocemente tra indice, medio e pollice per fargli “l’incavo”, dolce inflessione della pasta su se stessa, che avrebbe facilitato l’ingresso del sugo per renderla sublime. Gioco sopraffino che le mamme di una volta avevano a disposizione invece delle diavolerie meccaniche di oggi. A questa memoria del fare si unisce quella olfattiva del “ragù” della domenica, che sobbolliva sulla stufa a legna quasi dall’alba e che io percepivo nel dormiveglia ben prima del profumo del latte e caffè d’orzo che si accompagnava al pane e marmellata della prima colazione… E poi via a Messa! Senza questi ricordi non si cucina e non si gusta la cucina che ha due connotazioni: un dono agli altri (per inciso: io sono stato sempre dalla parte di Marta del Vangelo di Luca, conoscendo, quale cuoco dilettante, le fatiche del preparare il cibo soprattutto per degli ospiti illustri. Ma questa è tutta un’altra storia) e una sfida a se stessi nel maneggiare la materia prima e farla diventare un piatto complesso e ricco di personalità. Sarà un caso che grandi personaggi della storia e della cultura siano stati grandi cuochi ed abbiano lasciato il loro nome a grandi ricette?

Dunque, questo aleggiare nel libro di Claudia (che mi permetto di chiamare per nome data la storica amicizia di famiglia) di ricordi e di sapori della cucina, che hanno radici nella storia della famiglia, mi ha affascinato.

Tra tutte queste sue ricette, troneggia, a mio parere, nei ricordi di un ragazzo nato nel 1943, che insieme ai suoi fratelli e sorella, erano usciti indenni dalla Guerra, la “conquista” della salsiccia bella grassa, al centro della “spianatora” dove era stata stesa quasi di getto la polenta fumante, irrorata da un sugo potente dove il maiale la faceva da padrone! Che tempi! Di fronte a quelli attuali erano duri, in salita per tutti. Ma il futuro appariva roseo se ci si fosse impegnati a fondo avendo alle spalle la famiglia schierata, compresa quella più vasta fatta dalla solidarietà del quartiere e l’ala protettrice della Parrocchia che costituiva, dopo la famiglia, per tutti, l’altro pilastro dell’educazione… 

Domenica prossima, insieme a mia moglie, tornerò a cucinare il ragù (proibitissimo dai medici per via del colesterolo…) e su quel profumo che invaderà tutta casa invierò una e-mail a Claudia (compreso spero anche il profumo) che le farà capire a Londra che qui a Foligno qualcuno ha il suo libro nel cuore (e nel piatto).

DENIO D’INGECCO

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